Meditazione di Padre Giorgio Maria Faré sulla distribuzione della Comunione sulla mano

Vi invito a leggere molto bene il testo a firma del Cardinale Bassetti, Presidente della CEI, del Presidente del Consiglio Conte e del Ministro dell’Interno Lamorgese, con il beneplacito del Comitato Tecnico Scientifico, perché quello è il testo di riferimento per tutti coloro che andranno in Chiesa a ricevere Gesù. In quel testo non c’è una parola, un’espressione che dica che la Comunione deve essere ricevuta solo in mano. C’è scritto che il Sacerdote nell’offrire l’Eucaristia al fedele abbia cura di non toccare le mani del fedele.
Se il Comitato Tecnico Scientifico non lo ha riconosciuto in modo autorevole e non lo ha scritto, vuol dire che siamo liberi, come ha detto il Cardinale Sarah nell’intervista alla Nuova Bussola Quotidiana che vale la Legge Suprema della Chiesa: Il fedele è libero di ricevere la Comunione in bocca o in mano, in piedi o in ginocchio.

(Leggi qui e qui la meditazione completa di p. Giorgio Maria Faré)

Reverence and reception of Communion

«Reverence can be good if it opens us to God and neighbor and makes us more loving. It is bad if it makes us prideful/judgmental and distracts from more important things. I make no judgment about who is guilty of this- I don’t know most of the people by far and am in no position to judge. I do make the point that reverence, while important, is not the only or most important aspect of Communion. Some advocates of communion on the tongue, at least online, seem guilty of thinking that (however much more virtuous than I they probably are in their lives).

«There is so much to Communion. All of us are only grasping a hint of it. It is adoration of Christ, meal of fellowship, union with other communicants (hence the Church wants us to sing during reception), sharing in Christ’s self-sacrifice, mystical union with angels & saints, sharing even now in the heavenly banquet, having the life of the Risen Christ in oneself, a call to charity and works of justice and making real on earth the peace foreshadowed in Communion, etc.

«What if we were passionate about all that? What if our reception made us all more loving of one another, whatever our views on how to receive? What if our way of calling our fellow Christians to a higher way were based on loving example and not polemics? (I don’t direct this at you, I mean it to everyone on all sides.)

«Some of the online advocates of kneeling/tongue seem to focus only on adoration of the Real Presence (…). This helps explain why this line of thought isn’t gaining much traction except on the right fringe.

«One could have “perfect” adoration of Real Presence in humble posture and, at least in theory, miss the point of Communion. I think proponents of tongue/kneeling will get a better hearing if they uphold all aspects of Communion. They would find many more areas we all need to work on than just their main focus.»

(Fr. Anthony Ruff, OSB. Read whole post here)

Comunione in bocca: nessun rischio per la salute

Il COVID infetta le cellule delle mucose delle vie aeree soprattutto viaggiando attraverso goccioline (droplets) o in forma idro gassosa di aerosol. Perciò finché la saliva non passa dallo stato liquido, come è normalmente in bocca, allo stato di goccioline o aerosol è potenzialmente innocua. Ecco perché la comunione in bocca non può essere controindicata. Lo spiega il medico in questo articolo sul sito La Bussola Quotidiana.

La Comunione si è sempre presa direttamente in bocca e non in mano

Dal sito Il Cammino dei Tre Sentieri:

Davvero nei primi tempi della Chiesa l’Eucaristia si riceveva nella mano? No, si tratta di un falso.
Ci sono testimonianze certe che attestano come sin dall’inizio era diffusa la consuetudine di deporre le sacre Specie sulle labbra dei comunicandi e anche della proibizione ai laici di toccare l’Eucaristia con le mani. Solo in caso di necessità e in tempo di persecuzione, assicura per esempio san Basilio, si poteva derogare da questa norma e quindi era concesso anche ai laici di comunicarsi con le proprie mani.

Leggi l’articolo intero qui.

Leggi una critica storico-teologica di Matías Augé Benet (in inglese) qui.

Portland archdiocese: Coronavirus or no, Communion can be received on the tongue

“We consulted with two physicians regarding this issue, one of which is a specialist in immunology for the State of Oregon. They agreed that done properly the reception of Holy Communion on the tongue or in the hand pose a more or less equal risk,” the archdiocese’s office of divine worship wrote March 2.

“The risk of touching the tongue and passing the saliva on to others is obviously a danger however the chance of touching someone’s hand is equally probable and one’s hands have a greater exposure to germs.”

Read the full article here.

Archbishop forbids Communion in the hand

The Archbishop of Kampala has forbidden receiving Holy Communion in the hand.
In a decree issued on Saturday, 1 February 2020, Archbishop Cyprian Kizito Lwanga wrote: “It is forbidden to distribute or to receive Holy Communion in the hands. Mother Church enjoins us to hold the Most Holy Eucharist in the highest honor (Can. 898). Due to many reported instances of dishonoring the Eucharist that have been associated with reception of the Eucharist in the hands, it is fitting to return to the more reverent method of receiving the Eucharist on the tongue.”

Full report here.

Per sfatare il mito secondo cui la Comunione ricevuta sulla mano riprenderebbe un uso antico

L’antica annotazione [di san Cirillo di Gerusalemme] testimonia credenze e atteggiamenti che, nel tempo, si sarebbero sviluppati nella prassi tradizionale della Comunione di lunga data sia dell’Occidente latino che dell’Oriente bizantino. In Occidente, la Comunione sulla lingua e in ginocchio è il naturale e pertinente risultato della devozione eucaristica di san Cirillo. Il tentativo di riportare l’orologio all’antichità – un’antichità, peraltro, ingannevolmente travisata e ricostruita fittiziamente – non è, alla fine, nient’altro se non un cavallo di Troia per la teologia sacramentale calvinista.

Leggi l’articolo (in Inglese) di Peter Kwasniewski qui.

Debunking the myth that today’s Communion in the hand revives an ancient custom

The ancient record [by St. Cyril of Jerusalem] bears witness to beliefs and attitudes that would, over time, develop into the longstanding traditional Communion praxis of both the Latin West and the Byzantine East. In the West, Communion on the tongue, kneeling, is the natural and suitable result of St. Cyril’s Eucharistic piety. The attempt to turn back the clock to antiquity — an antiquity, moreover, deceptively misrepresented and fictitiously reconstructed — is, in the end, nothing but a Trojan horse for Calvinistic sacramental theology.

Read full article by Peter Kwasniewski here.

«Casa di preghiera…»

La Messa è tutto, ho scritto e sostenuto più volte. Chi potrebbe dubitarne?

Ora preciso che essa è tutto purché sia quale dev’essere, in piena sintonia col dogma e la grande Tradizione liturgica intesa nel contesto dei documenti del Magistero.

Se non è necessario tornare alla Messa di S. Pio V, è gravemente doveroso che almeno l’attuale – o della riforma di Paolo VI – sia celebrata secondo lo spirito del Concilio e le norme vigenti, rispettate dai migliori sacerdoti.

Il popolo non vuole altro.

Come riconosce alla S. Sede il dovere di modificare la liturgia, perché risponda sempre meglio alle esigenze del culto; così non tollera arbitri, errori, profanazioni. E si sente pienamente compreso quando lo stesso card. Ratzinger leva alta la sua protesta contro certe prevaricazioni colpevolmente autorizzate da Vescovi e parroci sprovveduti o malintenzionati.

«Dopo il Concilio – egli denunzia -, molti elevarono coscientemente a livello di programma la desacralizzazione…; si sono abbandonati i paramenti sacri, si sono spogliate le chiese più che si è potuto di quello splendore che ricorda il sacro, e si è ridotta la liturgia al linguaggio e ai gesti della vita ordinaria, per mezzo di saluti, segni comuni di amicizia e cose simili…

«Si è dimenticato che questo mondo non è il regno di Dio e che il Santo di Dio continua ad essere in contraddizione con il mondo.

«La liturgia non è un festival, non è una riunione di svago…

«Gli uomini si sentono ingannati quando il “mistero” si trasforma in distrazione, quando l’attore principale nella liturgia non è il Dio vivo, ma il sacerdote o l’animatore liturgico…» (Disc. ai Vescovi del Cile, 16 luglio 1988).

È quanto ancora si ripete all’insegna dl una “creatività” che va banalizzando il culto, screditando il sacerdozio cattolico, estinguendo la fede del nostro buon popolo.

Che i fedeli, informati di tutto, ne siano consapevoli e sappiano reagire contro qualsiasi usurpazione dl un patrimonio di valori che, essendo della Chiesa, ciascuno ha il dovere-diritto di conservare e difendere.

(Don Enrico Zoffoli, Questa è la Messa. Non altro! – Edizioni Segno 1994 – pp. 106-115 – PDF)

Don Enrico Zoffoli sulla Comunione sulla mano

Basta con la comunione sulla mano dei fedeli!

Della nuova prassi liturgica ho trattato diffusamente e ripetutamente, e alle mie pubblicazioni rimando per la documentazione relativa a tutti gli aspetti del problema e da me resa nota per la prima volta ai fedeli che, avendola ignorata, sono rimasti preda della mania innovatrice e dissennata «di un piccolo numero di sacerdoti e laici», che hanno cercato «di imporre il loro punto di vista agli altri e di forzare la mano all’autorità…». Cosi lo stesso Paolo Vl, sollevando gravi dubbi sulla legittimità della riforma al riguardo (cf. A. Bugnini, La riforma liturgica 1948‒1975, Ed. Liturg., Roma, 1983, p. 627s).

Ciò premesso, riassumo la triste vicenda:

‒ Fin dal 1965, Germania, Olanda, Belgio, Francia premono insistentemente presso la S. Sede per ottenere la nuova prassi; e purtroppo, nel ’68, Roma comincia a cedere, sia pure a malincuore, riconoscendo che si tratta «di un cambiamento importante di disciplina» (iv.). «La cosa ‒ si nota ‒ tocca il cuore della liturgia…» (iv., p. 624).

‒ La concessione generale risale al 29.5.1969 in base all’istruzione Memoriale Domini, documento che riassume tutte le ragioni del personale e ripetuto rifiuto del Papa:

1° la precedente prassi (di ricevere l’Ostia sulla lingua) «poggia su una tradizione plurisecolare» (Rito della Comunione fuori della Messa, 1979, n. 21). Certamente risale a più di mille anni: «… in tradito plurium saeculorum more innititur…» (iv.). E abbiamo ottime ragioni per supporre che almeno la Chiesa romana l’abbia adottata verso il II secolo…

2° Una riforma al riguardo così sollecita dimostra ‒ secondo l’autorevole documento citato ‒ un progresso della devozione eucaristica dei fedeli (cf. AAS 61, 1969, pp. 541‒5). Dunque, la nuova prassi indica piuttosto un regresso, un’involuzione…

3° L’episcopato mondiale non era affatto favorevole: «… C’è una larga maggioranza assoluta contraria alla nuova prassi» (Cf. A. Bugnini, op. cit., p. 637). «Episcopos longe plurimos censere hodiernam disciplinam haudquaquam esse immutandam…» (Mem. Dom.).

4° È falso che ricevere l’Ostia sulla lingua offende la dignità della persona umana, trattata come si suol fare coi bambini, che sono imboccati. Davanti a Dio, che, oltre a farsi bambino nel Cristo, si degna di farsi pane, nessuno può presumere di essere adulto. «Huiusmodi autem usus nihil de dignitate personae detrahit…» (Mem. Dom.).

5° La nuova prassi favorisce il diffondersi dell’eresia protestante, che nega la reale presenza di Cristo sotto le specie sacramentali. Fin dal ’68 si temeva che essa avrebbe recato «danno irreparabile alla fede e al culto dell’Eucaristia» (A. Bugnini, op. cit., p. 628). La S. Sede non intendeva cedere, «ne (…) perveniatur (…) ad rectae doctrinae adulterationem» (Mem. Dom.).

6° La medesima avrebbe facilitato la caduta e la dispersione dei frammenti, e soprattutto esposto il Santissimo a furti e sacrilegi innominabili: «ne scilicet perveniatur sive ad minorem erga Augustum altaris Sacramentum reverentiam, sive ad eiusdem Sacramenti profanationem…» (iv.).

7° Se all’inizio ‒ o poco dopo ‒ la prassi della Comunione si riformò in seguito ad una più acuta consapevolezza del Mistero, oggi il ritorno a quella originaria espone i fedeli ad un graduale affievolimento del fervore eucaristico, quando non procura la perdita della fede, come si va verificando: «…ne scilicet perveniatur (…) ad minorem erga Augustum altaris Sacramentum reverentiam…» (iv.).

8° L’antica prassi soddisfaceva le esigenze d’indole igienica assai meglio della nuova, perché il celebrante, alla presenza di tutti, si lavava le mani prima di toccare il Santissimo e distribuire la Comunione; mentre oggi i fedeli, prima di ricevere questa sulle mani, hanno toccato tutto (sostegni, borsa, denaro, libri, mani dei vicini, ecc.).

* * *

Oggi, dopo venticinque anni di esperienze, ciascuna di queste ragioni è risultata fondata; ciò spiega come il Papa, personalmente, si rifiutò di approvare la proposta della nuova prassi: «Summo Pontifici non est visum modum iamdiu receptum sacrae Communionis fidelibus ministrandae immutare». (iv.), Atteggiamento, questo, che spiega pure perché la medesima non sia stata mai obbligatoria per nessuno, ma facoltativa per tutti. Essa non genera alcun dovere né di dare la Comunione, per il sacerdote né di riceverla, per i fedeli.

Dati i precedenti storici della riforma e le ragioni addotte da Paolo VI, il sacerdote ha l’unico dovere di dissuadere tutti dal ricevere l’Ostia sulle mani, educando la sensibilità dei fedeli, tenuti a tendere alla santità mediante l’esercizio di quell’amore di Dio che stimola a scegliere l’ottimo di tutti i modi possibili di partecipare al Sacrificio eucaristico: il più devoto, rispettoso, degno della sua Maestà infinita, secondo l’esempio di migliaia di santi.

Un Papa, che domani decidesse di abolire la discutibilissima riforma, meriterebbe le benedizioni del mondo cattolico.

Giovanni Paolo II, dal canto suo, nelle Messe solenni celebrate in Piazza S. Pietro, preferisce dar la Comunione sulla lingua dei fedeli e persino del Clero, confermando la fondatezza delle ragioni per le quali Paolo VI, personalmente, si era rifiutato di approvare la nuova prassi liturgica. L’esempio del Papa, del resto, dimostra quanto siano state bugiarde le voci diffuse da certi presunti liturgisti, secondo i quali la prassi suddetta partiva da un’iniziativa della Chiesa, ne esprimeva Io spirito, la volontà, sì da realizzare un sogno dei credenti più maturi (?)… Tutto falso.

 I fedeli non sentivano affatto la necessità di modificare la prassi precedente, non si erano mai posto il problema, come denuncia Paolo VI secondo il quale ‒ non temo di ripeterlo ‒ la «nuova pratica» era «opera di un piccolo numero di sacerdoti e laici, che ‒ sottolinea il Pontefice ‒ cercano di imporre il loro punto di vista agli altri e di forzare la mano all’autorità. Approvarlo sarebbe incoraggiare queste persone non mai soddisfatte delle leggi della Chiesa…» (cf. A. Bugnini, La riforma liturgica…, ed. cit., p. 627s). Soltanto la malafede ha fatto attribuire alla Chiesa l’iniziativa della prassi in parola, caldeggiata ed anzi spesso slealmente imposta a fedeli ignari, a suore piissime quanto disinformate, a bambini innocenti, incapaci di una scelta, ossia di valersi di una prassi «facoltativa».

(Enrico Zoffoli – Questa è la Messa. Non altro! – Edizioni Segno 1994 – pp. 99-102)

Testo in PDF qui.