Cardinal Sarah : Le chant grégorien, du silence de l’âme unie à Jésus au silence de Dieu dans sa gloire

Chers amis de l’association Pro Liturgia,
Je suis heureux de vous adresser ce message d’encouragement et de reconnaissance à l’occasion de votre Assemblée Générale. En vous assurant de ma prière aux intentions qui vous sont chères, je profite volontiers de cette opportunité pour exprimer ma profonde gratitude à votre président, M. Denis Crouan et, par son entremise, à chacun d’entre vous pour votre détermination, malgré les obstacles qui jalonnent votre engagement, à défendre et à promouvoir la liturgie en langue latine de la forme ordinaire du Rite romain. Cette défense ne doit pas être menée avec des armes de guerre, ou avec la haine et la colère dans le cœur, mais au contraire «revêtons la cuirasse de la foi et de la charité, avec le casque de l’espérance du salut». Que Dieu bénisse vos efforts si méritants et qu’il les rende toujours plus fructueux!

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Della musica sacra, ovvero: quando San Remo prende il posto di Santa Cecilia

È vero che il canto deve esprimere anche la gioia e il clima di festa, ma si tratta di una gioia spirituale, del tutto diverso dalla “caciara” spensierata delle nostre feste terrene. Il gregoriano resta dunque un modello, nel senso che detta i principi ai quali ogni altro tipo di musica che voglia avere un posto nella liturgia deve ispirarsi: valorizzazione della Parola (ovviamente biblica o che richiami testi “solidi” della tradizione cristiana) e pedagogia spirituale. Il merito del concilio è di aver ribadito che questi principi sono perseguibili anche attraverso altre forme musicali quali la polifonia, l’innografia e certi tipi di canto popolare.
(…)
Per favorire il canto popolare e la partecipazione dei fedeli sono passati in secondo piano le parti fisse e proprie della liturgia. Ma tutto questo non è né voluto né inteso dal concilio. Anzi, l’istruzione post-conciliare Musicam sacram, del 1967, afferma proprio il contrario: le parti da privilegiare nel canto sono quelle fisse e quelle presidenziali. Sì, avete capito bene: prima di tutto dovrebbero essere cantate le collette, i prefazi, le parti fisse, poi eventualmente anche il canto di ingresso, di offertorio, finale. Oggi invece ci troviamo nella situazione in cui quasi nessun sacerdote canta o sa cantare, perché nei seminari non si insegna più (o se viene fatto, lo si fa con la presunzione che si tratti dell’ora di “educazione fisica”). I pochi che cantano vengono additati come reazionari e preconciliari (!); in compenso in ogni Messa di ogni giorno dell’anno si intonerà immancabilmente all’inizio “Noi canteremo gloria a te”.

(don Riccardo Pane, Liturgia Creativa, pagg. 132-135)

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