Dal blog di A. M. Valli:
Bisogna intendersi su che cosa si intende per “capire”. La gran parte delle persone che vanno alle Messe in lingua vernacolare probabilmente non afferra pienamente i concetti delle lettere di san Paolo o del canone romano, perché sono concetti che esprimono un’alta teologia, ma nessuno direbbe che queste persone “non partecipano”. La comprensione della Messa non avviene a livello meramente semantico e intellettuale, ma a un livello molto più profondo.
Numerose religioni hanno una lingua che riservano al culto, separata dall’uso quotidiano. In questo senso va compreso anche l’uso del latino nella liturgia.(…)
Alla liturgia non si partecipa in primis per “capire”, ma per fare esperienza di Dio partecipando al Sacrificio di Nostro Signore. Per l’istruzione cattolica esiste il catechismo, esistono libri e conferenze, esiste la buona stampa. La Messa non ha uno scopo principalmente di istruzione: questa è solo una parte della sua funzione. Ricordiamo che con la Messa in latino di prima del Concilio tantissime persone, umili e semplici, si sono fatte sante. Se il latino fosse stato un impedimento, come spiegare la santità di persone magari culturalmente ignoranti ma ricche di una sapienza che attingevano anche dalle fonti della liturgia?
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Il latino per molti non è tanto un fatto linguistico, ma un’esperienza con la Tradizione della Chiesa, un’esperienza che ha riportato e continua a riportare tanti a inginocchiarsi davanti a Dio.
(Aurelio Porfiri)