The death of Bishop Morlino – La morte del Vescovo Morlino

We inform you of the death of Most Reverend Robert C. Morlino, Bishop of Madison. Bishop Morlino died tonight, Saturday, November 24th, at approximately 9:15 pm at St. Mary Hospital in Madison at the age of 71.

Eternal rest grant unto him O Lord, and let perpetual light shine upon him. May he rest in peace.

Vi informiamo della morte di Sua Eccellenza Robert C. Morlino, Vescovo di Madison (USA). Il vescovo Morlino è morto questa notte, sabato 24 novembre, alle ore 21:15 circa al St. Mary Hospital a Madison all’età di 71 anni.

L’eterno riposo donagli, o Signore, e splenda a lui la luce perpetua. Riposi in pace.

HH. Petrus en Pauluskerk – Amsterdam

De Papegaai (HH. Petrus en Pauluskerk)
Kalverstraat 58, Amsterdam

Zondag
10:30 Latijns/Nederlandse gezongen Hoogmis
12:15 Latijns/Engelse gezongen Hoogmis

1e vrijdag vd maand
10:30 Latijnse, gezongen Hoogmis; aansluitend Eucharistische aanbidding

Sundays
10:30 Sung Solemn Mass in Latin/Dutch
12:15 Sung Solemn Mass in Latin/English

1st Friday of every month
10:30 Sung Solemn Mass in Latin; Eucharistic adoration follows

Domenica
10:30 Santa Messa solenne cantata in Latino/Olandese
12:15 Santa Messa solenne cantata in Latino/Inglese

Primo venerdì del mese
10:30 Santa Messa solenne cantata in Latino; segue adorazione eucaristica

 

 

Domini nostri Iesu Christi universorum Regis – 25 Nov 2018

Sollemnitas

Ant. ad introitum Ap 5, 12; 1, 6
Dignus est Agnus, qui occísus est,
accípere virtútem et divinitátem
et sapiéntiam et fortitúdinem et honórem.
Ipsi glória et impérium in sǽcula sæculórum.

Dicitur Glória in excélsis.

Collecta
Omnípotens sempitérne Deus,
qui in dilécto Fílio tuo, universórum Rege,
ómnia instauráre voluísti,
concéde propítius,
ut tota creatúra, a servitúte liberáta,
tuæ maiestáti desérviat ac te sine fine colláudet.
Per Dóminum.

Dicitur Credo.

Super oblata
Hóstiam tibi, Dómine,
humánæ reconciliatiónis offeréntes,
supplíciter deprecámur,
ut ipse Fílius tuus cunctis géntibus
unitátis et pacis dona concédat.
Qui vivit et regnat in sǽcula sæculórum.

Præfatio: De Christo universorum Rege.

Ant. ad communionem Ps 28, 10-11
Sedébit Dóminus Rex in ætérnum;
Dóminus benedícet pópulo suo in pace.

Post communionem
Immortalitátis alimóniam consecúti,
quǽsumus, Dómine,
ut, qui Christi Regis universórum
gloriámur oboedíre mandátis,
cum ipso in cælésti regno sine fine vívere valeámus.
Qui vivit et regnat in sǽcula sæculórum.

© Copyright – Libreria Editrice Vaticana

Messalino in PDF con letture in lingua italiana (da stampare su fogli A3 fronte/retro)

Missalette in PDF with readings in English (to be printed on A3 sheets, front/back)

Dominica XXXIII “per annum” – 18 Nov 2018

Ant. ad introitum Ier 29, 11.12.14
Dicit Dóminus:
Ego cógito cogitatiónes pacis et non afflictiónis;
invocábitis me, et ego exáudiam vos,
et redúcam captivitátem vestram de cunctis locis.

Collecta
Da nobis, quǽsumus, Dómine Deus noster,
in tua semper devotióne gaudére,
quia perpétua est et plena felícitas,
si bonórum ómnium iúgiter serviámus auctóri.
Per Dóminum.

Super oblata
Concéde, quǽsumus, Dómine,
ut óculis tuæ maiestátis munus oblátum
et grátiam nobis devotiónis obtíneat,
et efféctum beátæ perennitátis acquírat.
Per Christum.

Ant. ad communionem Ps 72, 28
Mihi autem adhærére Deo bonum est,
pónere in Dómino Deo spem meam.
Vel: Mc 11, 23-24
Amen dico vobis, quidquid orántes pétitis,
crédite quia accipiétis, et fiet vobis, dicit Dóminus.

Post communionem
Súmpsimus, Dómine, sacri dona mystérii,
humíliter deprecántes,
ut, quæ in sui commemoratiónem
nos Fílius tuus fácere præcépit,
in nostræ profíciant caritátis augméntum.
Per Christum.

© Copyright – Libreria Editrice Vaticana

Messalino in PDF con letture in lingua italiana (da stampare su fogli A3 fronte/retro)

Missalette in PDF with readings in English (to be printed on A3 sheets, front/back)

Inginocchiatoi di pietra

Articolo di mons. Marco Agostini apparso su L’Osservatore Romano del 20 agosto 2010:

È impressionante la cura che l’architettura antica e moderna, fino alla metà del Novecento, riservò ai pavimenti delle chiese. Non solo mosaici e affreschi per le pareti, ma pittura in pietra, intarsi, tappeti marmorei anche per i pavimenti.

Mi sovviene il ricordo del variopinto tessellatum delle basiliche di San Zenone o dell’ipogeo di Santa Maria in Stelle a Verona, o di quello vasto e raffinato delle basiliche di Teodoro ad Aquileia, di Santa Maria a Grado, di San Marco a Venezia, o quello misterioso della cattedrale di Otranto. L’opus tessulare cosmatesco luccicante d’oro delle basiliche romane di Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano, San Clemente, San Lorenzo al Verano, di Santa Maria in Aracoeli, in Cosmedin, in Trastevere, o del complesso episcopale di Tuscania o della Cappella Sistina in Vaticano.

E ancora gli intarsi marmorei di Santo Stefano Rotondo, San Giorgio al Velabro, Santa Costanza, Sant’Agnese a Roma e della basilica di San Marco a Venezia, del battistero di San Giovanni e della chiesa di San Miniato al Monte a Firenze, o l’impareggiabile opus sectile del duomo di Siena, o le pelte marmoree bianche, nere e rosse in Sant’Anastasia a Verona o i pavimenti della cappella grande del vescovo Giberti o delle settecentesche cappelle della Madonna del Popolo e del Sacramento, sempre nel duomo veronese, e, soprattutto, lo stupefacente e prezioso tappeto lapideo della basilica vaticana di San Pietro.

In verità la cura per l’impiantito non è solo cristiana: sono emozionanti i pavimenti a mosaico delle ville greche di Olinto o di Pella in Macedonia, o dell’imperiale villa romana del Casale a Piazza Armerina in Sicilia, o quelli delle ville di Ostia o della casa del Fauno a Pompei o la preziosità delle scene del Nilo del santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina. Ma anche i pavimenti in opus sectile della curia senatoria nel Foro romano, i lacerti provenienti dalla basilica di Giunio Basso, sempre a Roma, o gli intarsi marmorei della domus di Amore e Psiche a Ostia.

La cura greca e romana per il pavimento non era evidente nei templi, ma nelle ville, nelle terme e negli altri ambienti pubblici dove la famiglia o la società civile si radunava. Anche il mosaico di Palestrina non era in un ambiente di culto in senso stretto. La cella del tempio pagano era abitata solo dalla statua del dio e il culto avveniva all’esterno innanzi al tempio, attorno all’ara sacrificale. Per tale ragione gli interni non erano quasi mai decorati.

Il culto cristiano è, invece, un culto interiore. Istituito nella stanza bella del cenacolo, ornata di tappeti al piano superiore di una casa di amici, e propagatosi inizialmente nell’intimo del focolare domestico, nella domus ecclesiae, quando il culto cristiano assunse dimensione pubblica trasformò la casa in chiesa. La basilica di San Martino ai Monti sorge sopra una domus ecclesiae, e non è la sola. Le chiese non furono mai il luogo di un simulacro, ma la casa di Dio tra gli uomini, il tabernacolo della reale presenza di Cristo nel santissimo sacramento, la casa comune della famiglia cristiana. Anche il più umile dei cristiani, il più povero, come membro del corpo mistico di Cristo che è la Chiesa, in chiesa era a casa e signore: calpestava pavimenti preziosi, godeva dei mosaici e degli affreschi delle pareti, dei dipinti sugli altari, odorava il profumo dell’incenso, sentiva la gioia della musica e del canto, vedeva lo splendore degli ornamenti indossati a gloria di Dio, gustava il dono ineffabile dell’eucaristia che gli veniva amministrata in calici d’oro, si muoveva processionalmente sentendosi parte dell’ordine che è anima del mondo.

I pavimenti delle chiese, lontani dall’essere ostentazione di lusso, oltre a costituire il piano di calpestio avevano anche altre funzioni. Sicuramente non erano fatti per essere coperti dai banchi, questi ultimi introdotti in età relativamente recente allorquando si pensò di disporre le navate delle chiese all’ascolto comodo di lunghi sermoni. I pavimenti delle chiese dovevano essere ben visibili: conservano nelle figurazioni, negli intrecci geometrici, nella simbologia dei colori la mistagogia cristiana, le direzioni processionali della liturgia. Sono un monumento al fondamento, alle radici.

Questi pavimenti sono principalmente per coloro che la liturgia la vivono e in essa si muovono, sono per coloro che si inginocchiano innanzi all’epifania di Cristo. L’inginocchiarsi è la risposta all’epifania donata per grazia a una singola persona. Colui che è colpito dal bagliore della visione si prostra a terra e da lì vede più di tutti quelli che gli sono rimasti attorno in piedi. Costoro, adorando, o riconoscendosi peccatori, vedono riflessi nelle pietre preziose, nelle tessere d’oro di cui talvolta sono composti i pavimenti antichi, la luce del mistero che rifulge dall’altare e la grandezza della misericordia divina.

Pensare che quei pavimenti così belli sono fatti per le ginocchia dei fedeli è commovente: un tappeto di pietra perenne per la preghiera cristiana, per l’umiltà; un tappeto per ricchi e poveri indistintamente, un tappeto per farisei e pubblicani, ma che soprattutto questi ultimi sanno apprezzare.

Oggi gli inginocchiatoi sono scomparsi da molte chiese e si tende a rimuovere le balaustre alle quali ci si poteva accostare alla comunione in ginocchio. Eppure nel Nuovo Testamento il gesto dell’inginocchiarsi si presenta ogni qualvolta a un uomo appare la divinità di Cristo: si pensi ai Magi, al cieco nato, all’unzione di Betania, alla Maddalena nel giardino il mattino di Pasqua.

Gesù stesso disse a Satana, che gli voleva imporre una genuflessione sbagliata, che solo a Dio si devono piegare le ginocchia. Satana sollecita ancora oggi a scegliere tra Dio o il potere, Dio o la ricchezza, e tenta ancora più in profondità. Ma così non si renderà gloria a Dio per nulla; le ginocchia si piegheranno a coloro che il potere l’hanno favorito, a coloro ai quali si è legato il cuore attraverso un atto.

Buon esercizio di allenamento per vincere l’idolatria nella vita è tornare a inginocchiarsi nella messa, peraltro uno dei modi di actuosa participatio di cui parla l’ultimo Concilio. La pratica è utile anche per accorgersi della bellezza dei pavimenti (almeno di quelli antichi) delle nostre chiese. Davanti ad alcuni verrebbe da togliersi le scarpe come fece Mosè davanti a Dio che gli parlava dal roveto ardente.

Memoriale Domini – De modo Sanctam Communionem ministrandi

His vero ipsis modis renovatis [id est Communio sub utraque specie panis et vini] signum Convivii Eucharistici et omnimoda adimpletio mandati Christi magis perspicua et vivida sunt effecta, simul tamen plenior participatio celebrationis Eucharisticae, per sacramentalem Communionem significata, hic et illic, per hos proximos annos desiderium excitavit ad illum redeundi usum, ex quo panis Eucharisticus in fidelis manu deponitur, qui eum ipse ori suo, communicando, ingerat.
Quin etiam, in quibusdam communitatibus et locis, eiusmodi ritus est peractus, quamquam approbatio Sedis Apostolicae antea impetrata non erat, atque interdum ita, ut fidelibus opportuna praeparatio deesset.
Est quidem verum ex vetere usu fidelibus quondam licuisse divinam hanc alimoniam in manum accipere atque per se ipsos ori inferre, atque etiam, aetate antiquissima, e loco, ubi sacra fiebant, Sanctissimum secum portare, propterea potissimum ut, si forte pro Fidei confessione iis esset dimicandum, eo tamquam viatico uterentur.
Verumtamen praescripta Ecclesiae Patrumque documenta copiose testantur maximam reverentiam summamque prudentiam erga sacram Eucharistiam adhibitam. Etenim « nemo … illam carnem manducat, nisi prius adora verit », atque in ea sumenda quisque admonetur: « … illud percipe; advigilans ne quid ex ea tibi depereat » : « Corpus enim est Christi ».
Praeterea cura et ministerium Corporis et Sanguinis Domini peculiari prorsus modo sacrorum administris vel hominibus ad hoc ipsum ascitis committebantur : «Postquam vero is, qui praeest, preces absolvit, et populus omnis acclamavit, qui apud nos dicuntur diaconi panem et vinum et aquam, in quibus gratiae actae sunt unicuique praesentium participanda distribuunt, et ad absentes perferunt ».
Quare mox sacram Eucharistiam absentibus deferendi munus solis sacris administris concreditum est, hanc ob causam, ut reverentiae Corpori Christi debitae, simul ac fidelium necessitati, cautius consuleretur. Insequenti tempore, postquam eucharistici mysterii veritas, eius virtus ac praesentia Christi in eo altius explorata sunt, urgente sensu sive reverentiae erga hoc Sanctissimum Sacramentum sive humilitatis qua illud sumatur oportet, consuetudo inducta est, ut per se minister panis consecrati particulam in lingua Communionem suscipientium deponeret.
Hic sanctam Communionem distribuendi modus, hodierno Ecclesiae statu in universum considerato, servari debet, non solum quia in tradito plurium saeculorum more innititur, sed praesertim quia Christifidelium reverentiam erga Eucharistiam significat.Huiusmodi autem usus nihil de dignitate personae detrahit iis, qui ad tantum Sacramentum accedunt, atque ad eam praeparationem pertinet, quae requiritur, ut Corpus Domini modo maxime frugifero percipiatur.

Sacra Congregatio pro cultu divino – Instructio Memoriale Domini De modo Sanctam Communionem ministrandi – 29. Maii 1969

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Dóm svätej Alžbety – Košice Staré Mesto

Cattedrale di Santa Elisabetta – Košice (Slovacchia)
St Elizabeth Cathedral – Košice (Slovakia)

La s. Messa domenicale delle 9:00 è in lingua latina, con la partecipazione dell’ensemble vocale Gregoriana.

The holy Mass on Sunday at 9:00 AM is in Latin language, with the participation of the vocal ensemble Gregoriana.

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