Sanctæ Familiæ Iesu, Mariæ et Ioseph – 29 Dec 2019

Festum

Ant. ad introitum Lc 2, 16
Venérunt pastóres festinántes, et invenérunt Maríam
et Ioseph et Infántem pósitum in præsépio.

Dicitur Glória in excélsis.

Collecta
Deus, qui præclára nobis sanctæ Famíliæ
dignátus es exémpla præbére,
concéde propítius,
ut, domésticis virtútibus caritatísque vínculis illam sectántes,
in lætítia domus tuæ prǽmiis fruámur ætérnis.
Per Dóminum.

Dicitur Credo.

Super oblata
Hóstiam tibi placatiónis offérimus, Dómine,
supplíciter deprecántes,
ut, Deíparæ Vírginis beatíque Ioseph interveniénte suffrágio,
famílias nostras in tua grátia fírmiter et pace constítuas.
Per Christum.

Præfatio de Nativitate.

Ant. ad communionem Bar 3, 38
Deus noster in terris visus est,
et cum homínibus conversátus est.

Post communionem
Quos cæléstibus réficis sacraméntis,
fac, clementíssime Pater,
sanctæ Famíliæ exémpla iúgiter imitári,
ut, post ærúmnas sǽculi,
eius consórtium consequámur ætérnum.
Per Christum.

© Copyright – Libreria Editrice Vaticana

Messalino in PDF con letture in lingua italiana (da stampare su fogli A3 fronte/retro)

Missalette in PDF with readings in English (to be printed on A3 sheets, front/back)

Messbuch in PDF mit Lesungen auf Deutsch (auf A3-Bogen, Vorder-/Rückseite drücken)

«Casa di preghiera…»

La Messa è tutto, ho scritto e sostenuto più volte. Chi potrebbe dubitarne?

Ora preciso che essa è tutto purché sia quale dev’essere, in piena sintonia col dogma e la grande Tradizione liturgica intesa nel contesto dei documenti del Magistero.

Se non è necessario tornare alla Messa di S. Pio V, è gravemente doveroso che almeno l’attuale – o della riforma di Paolo VI – sia celebrata secondo lo spirito del Concilio e le norme vigenti, rispettate dai migliori sacerdoti.

Il popolo non vuole altro.

Come riconosce alla S. Sede il dovere di modificare la liturgia, perché risponda sempre meglio alle esigenze del culto; così non tollera arbitri, errori, profanazioni. E si sente pienamente compreso quando lo stesso card. Ratzinger leva alta la sua protesta contro certe prevaricazioni colpevolmente autorizzate da Vescovi e parroci sprovveduti o malintenzionati.

«Dopo il Concilio – egli denunzia -, molti elevarono coscientemente a livello di programma la desacralizzazione…; si sono abbandonati i paramenti sacri, si sono spogliate le chiese più che si è potuto di quello splendore che ricorda il sacro, e si è ridotta la liturgia al linguaggio e ai gesti della vita ordinaria, per mezzo di saluti, segni comuni di amicizia e cose simili…

«Si è dimenticato che questo mondo non è il regno di Dio e che il Santo di Dio continua ad essere in contraddizione con il mondo.

«La liturgia non è un festival, non è una riunione di svago…

«Gli uomini si sentono ingannati quando il “mistero” si trasforma in distrazione, quando l’attore principale nella liturgia non è il Dio vivo, ma il sacerdote o l’animatore liturgico…» (Disc. ai Vescovi del Cile, 16 luglio 1988).

È quanto ancora si ripete all’insegna dl una “creatività” che va banalizzando il culto, screditando il sacerdozio cattolico, estinguendo la fede del nostro buon popolo.

Che i fedeli, informati di tutto, ne siano consapevoli e sappiano reagire contro qualsiasi usurpazione dl un patrimonio di valori che, essendo della Chiesa, ciascuno ha il dovere-diritto di conservare e difendere.

(Don Enrico Zoffoli, Questa è la Messa. Non altro! – Edizioni Segno 1994 – pp. 106-115 – PDF)

Tra le sollecitudini

MOTU PROPRIO TRA LE SOLLECITUDINI SS.MI D. N. PII PP. X DE MUSICA SACRA (in festo S. Cæciliae V. et M., X Kalendas Decembris)

MOTU PROPRIO TRA LE SOLLECITUDINI OF THE SUPREME PONTIFF PIUS X ON SACRED MUSIC (November 22, 1903)

MOTU PROPRIO TRA LE SOLLECITUDINI DEL SOMMO PONTEFICE PIO X SULLA MUSICA SACRA (22 novembre 1903)

MOTU PROPRIO TRA LE SOLLECITUDINI DEL SUMO PONTÍFICE PÍO X SOBRE LA MÚSICA SAGRADA (22 noviembre 1903)

MOTU PROPRIO TRA LE SOLLECITUDINI DO SUMO PONTÍFICE PIO X SOBRE A MÚSICA SACRA (22 novembro 1903)

MOTU PROPRIO TRA LE SOLLECITUDINI VON PAPST PIUS X. ÜBER DIE RESTAURATION DER KIRCHENMUSIK (22. November 1903)

MOTU PROPRIO TRA LE SOLLECITUDINI DE SA SAINTETÉ LE PAPE PIE X SUR LA RESTAURATION DE LA MUSIQUE SACRÉE (22 novembre 1903)

Dominica IV Adventus – 22 Dec 2019

Ant. ad introitum Is 45, 8
Roráte, cæli, désuper, et nubes pluant iustum;
aperiátur terra et gérminet Salvatórem.

Non dicitur Glória in excélsis.

Collecta
Grátiam tuam, quǽsumus, Dómine,
méntibus nostris infúnde, ut qui, Angelo nuntiánte,
Christi Fílii tui incarnatiónem cognóvimus,
per passiónem eius et crucem
ad resurrectiónis glóriam perducámur.
Per Dóminum.

Dicitur Credo.

Super oblata
Altári tuo, Dómine, superpósita múnera
Spíritus ille sanctíficet,
qui beátæ Maríæ víscera sua virtúte replévit.
Per Christum.

Præfatio II de Adventu.

Ant. ad communionem Is 7, 14
Ecce Virgo concípiet, et páriet fílium;
et vocábitur nomen eius Emmánuel.

Post communionem
Sumpto pígnore redemptiónis ætérnæ,
quǽsumus, omnípotens Deus,
ut quanto magis dies salutíferæ festivitátis accédit,
tanto devótius proficiámus
ad Fílii tui digne nativitátis mystérium celebrándum.
Qui vivit et regnat in sǽcula sæculórum.

Adhiberi potest formula benedictionis sollemnis.

© Copyright – Libreria Editrice Vaticana

Messalino in PDF con letture in lingua italiana (da stampare su fogli A3 fronte/retro)

Missalette in PDF with readings in English (to be printed on A3 sheets, front/back)

Il latino apre la mente, insegniamolo dalla scuola media: un libretto gratuito per iniziare

Intervista a don Romano Nicolini sul sito La Tecnica della Scuola.

Perché studiare il latino?
La conoscenza della lingua latina permette di apprezzare maggiormente molti aspetti della realtà. Lo studio di una lingua antica e morta, inoltre, insegna a ragionare e sviluppa la logica. Il latino, poi, permette di cogliere al meglio ciò che accomuna l’uomo di oggi all’uomo antico e, nel contempo, introduce alla comprensione del cambiamento avvenuto nei secoli. Infine la lettura delle grandi opere della letteratura latina permette di incontrare i grandi del passato, di confrontarci con loro, di scoprire il loro pensiero e le loro azioni.

 

L’altare, le sue trasformazioni organiche nella storia e la discontinuità degli altari contemporanei

Né il Concilio ha imposto la celebrazione verso il popolo, né ha dichiarato l’inabilità degli altari storici, né ha ordinato una vicinanza fisica all’assemblea ottenuta ad ogni prezzo. Si tratta allora di uscire dal pregiudizio così diffuso nel postconcilio e di ripensare ad una opportuna riconciliazione.
Credo che non sia possibile, relegare nell’inutilità e nell’abbandono i grandi altari storici, ma la liturgia stessa ne avrebbe giovamento se, rispettando dovutamente e intelligentemente il genio e la tipologia della diverse chiese si celebrasse in modo diversificato. Allora non vi sarà frattura, ma continuità e, soprattutto, si potrà uscire da quella situazione provvisoria di altari fragili e inadatti, che da decenni ormai occupano le zone presbiterali.

Leggi l’articolo completo di don Enrico Finotti qui.

Dominica III Adventus – 15 Dec 2019

In hac Missa adhibetur color violaceus vel rosaceus.

Ant. ad introitum Phil 4, 4-5
Gaudéte in Dómino semper: íterum dico, gaudéte.
Dóminus enim prope est.

Non dicitur Glória in excélsis.

Collecta
Deus, qui cónspicis pópulum tuum
nativitátis domínicæ festivitátem fidéliter exspectáre,
præsta, quǽsumus,
ut valeámus ad tantæ salútis gáudia perveníre,
et ea votis sollémnibus álacri semper lætítia celebráre.
Per Dóminum.

Dicitur Credo.

Super oblata
Devotiónis nostræ tibi, Dómine, quǽsumus,
hóstia iúgiter immolétur,
quæ et sacri péragat institúta mystérii
et salutáre tuum nobis poténter operétur.
Per Christum.

Præfatio I vel II de Adventu.

Ant. ad communionem Cf. Is 35, 4
Dícite: Pusillánimes, confortámini et nolíte timére:
ecce Deus noster véniet et salvábit nos.

Post communionem
Tuam, Dómine, cleméntiam implorámus,
ut hæc divína subsídia, a vítiis expiátos,
ad festa ventúra nos prǽparent.
Per Christum.

Adhiberi potest formula benedictionis sollemnis.

© Copyright – Libreria Editrice Vaticana

Messalino in PDF con letture in lingua italiana (da stampare su fogli A3 fronte/retro)

Missalette in PDF with readings in English (to be printed on A3 sheets, front/back)

Don Enrico Zoffoli sulla Comunione sulla mano

Basta con la comunione sulla mano dei fedeli!

Della nuova prassi liturgica ho trattato diffusamente e ripetutamente, e alle mie pubblicazioni rimando per la documentazione relativa a tutti gli aspetti del problema e da me resa nota per la prima volta ai fedeli che, avendola ignorata, sono rimasti preda della mania innovatrice e dissennata «di un piccolo numero di sacerdoti e laici», che hanno cercato «di imporre il loro punto di vista agli altri e di forzare la mano all’autorità…». Cosi lo stesso Paolo Vl, sollevando gravi dubbi sulla legittimità della riforma al riguardo (cf. A. Bugnini, La riforma liturgica 1948‒1975, Ed. Liturg., Roma, 1983, p. 627s).

Ciò premesso, riassumo la triste vicenda:

‒ Fin dal 1965, Germania, Olanda, Belgio, Francia premono insistentemente presso la S. Sede per ottenere la nuova prassi; e purtroppo, nel ’68, Roma comincia a cedere, sia pure a malincuore, riconoscendo che si tratta «di un cambiamento importante di disciplina» (iv.). «La cosa ‒ si nota ‒ tocca il cuore della liturgia…» (iv., p. 624).

‒ La concessione generale risale al 29.5.1969 in base all’istruzione Memoriale Domini, documento che riassume tutte le ragioni del personale e ripetuto rifiuto del Papa:

1° la precedente prassi (di ricevere l’Ostia sulla lingua) «poggia su una tradizione plurisecolare» (Rito della Comunione fuori della Messa, 1979, n. 21). Certamente risale a più di mille anni: «… in tradito plurium saeculorum more innititur…» (iv.). E abbiamo ottime ragioni per supporre che almeno la Chiesa romana l’abbia adottata verso il II secolo…

2° Una riforma al riguardo così sollecita dimostra ‒ secondo l’autorevole documento citato ‒ un progresso della devozione eucaristica dei fedeli (cf. AAS 61, 1969, pp. 541‒5). Dunque, la nuova prassi indica piuttosto un regresso, un’involuzione…

3° L’episcopato mondiale non era affatto favorevole: «… C’è una larga maggioranza assoluta contraria alla nuova prassi» (Cf. A. Bugnini, op. cit., p. 637). «Episcopos longe plurimos censere hodiernam disciplinam haudquaquam esse immutandam…» (Mem. Dom.).

4° È falso che ricevere l’Ostia sulla lingua offende la dignità della persona umana, trattata come si suol fare coi bambini, che sono imboccati. Davanti a Dio, che, oltre a farsi bambino nel Cristo, si degna di farsi pane, nessuno può presumere di essere adulto. «Huiusmodi autem usus nihil de dignitate personae detrahit…» (Mem. Dom.).

5° La nuova prassi favorisce il diffondersi dell’eresia protestante, che nega la reale presenza di Cristo sotto le specie sacramentali. Fin dal ’68 si temeva che essa avrebbe recato «danno irreparabile alla fede e al culto dell’Eucaristia» (A. Bugnini, op. cit., p. 628). La S. Sede non intendeva cedere, «ne (…) perveniatur (…) ad rectae doctrinae adulterationem» (Mem. Dom.).

6° La medesima avrebbe facilitato la caduta e la dispersione dei frammenti, e soprattutto esposto il Santissimo a furti e sacrilegi innominabili: «ne scilicet perveniatur sive ad minorem erga Augustum altaris Sacramentum reverentiam, sive ad eiusdem Sacramenti profanationem…» (iv.).

7° Se all’inizio ‒ o poco dopo ‒ la prassi della Comunione si riformò in seguito ad una più acuta consapevolezza del Mistero, oggi il ritorno a quella originaria espone i fedeli ad un graduale affievolimento del fervore eucaristico, quando non procura la perdita della fede, come si va verificando: «…ne scilicet perveniatur (…) ad minorem erga Augustum altaris Sacramentum reverentiam…» (iv.).

8° L’antica prassi soddisfaceva le esigenze d’indole igienica assai meglio della nuova, perché il celebrante, alla presenza di tutti, si lavava le mani prima di toccare il Santissimo e distribuire la Comunione; mentre oggi i fedeli, prima di ricevere questa sulle mani, hanno toccato tutto (sostegni, borsa, denaro, libri, mani dei vicini, ecc.).

* * *

Oggi, dopo venticinque anni di esperienze, ciascuna di queste ragioni è risultata fondata; ciò spiega come il Papa, personalmente, si rifiutò di approvare la proposta della nuova prassi: «Summo Pontifici non est visum modum iamdiu receptum sacrae Communionis fidelibus ministrandae immutare». (iv.), Atteggiamento, questo, che spiega pure perché la medesima non sia stata mai obbligatoria per nessuno, ma facoltativa per tutti. Essa non genera alcun dovere né di dare la Comunione, per il sacerdote né di riceverla, per i fedeli.

Dati i precedenti storici della riforma e le ragioni addotte da Paolo VI, il sacerdote ha l’unico dovere di dissuadere tutti dal ricevere l’Ostia sulle mani, educando la sensibilità dei fedeli, tenuti a tendere alla santità mediante l’esercizio di quell’amore di Dio che stimola a scegliere l’ottimo di tutti i modi possibili di partecipare al Sacrificio eucaristico: il più devoto, rispettoso, degno della sua Maestà infinita, secondo l’esempio di migliaia di santi.

Un Papa, che domani decidesse di abolire la discutibilissima riforma, meriterebbe le benedizioni del mondo cattolico.

Giovanni Paolo II, dal canto suo, nelle Messe solenni celebrate in Piazza S. Pietro, preferisce dar la Comunione sulla lingua dei fedeli e persino del Clero, confermando la fondatezza delle ragioni per le quali Paolo VI, personalmente, si era rifiutato di approvare la nuova prassi liturgica. L’esempio del Papa, del resto, dimostra quanto siano state bugiarde le voci diffuse da certi presunti liturgisti, secondo i quali la prassi suddetta partiva da un’iniziativa della Chiesa, ne esprimeva Io spirito, la volontà, sì da realizzare un sogno dei credenti più maturi (?)… Tutto falso.

 I fedeli non sentivano affatto la necessità di modificare la prassi precedente, non si erano mai posto il problema, come denuncia Paolo VI secondo il quale ‒ non temo di ripeterlo ‒ la «nuova pratica» era «opera di un piccolo numero di sacerdoti e laici, che ‒ sottolinea il Pontefice ‒ cercano di imporre il loro punto di vista agli altri e di forzare la mano all’autorità. Approvarlo sarebbe incoraggiare queste persone non mai soddisfatte delle leggi della Chiesa…» (cf. A. Bugnini, La riforma liturgica…, ed. cit., p. 627s). Soltanto la malafede ha fatto attribuire alla Chiesa l’iniziativa della prassi in parola, caldeggiata ed anzi spesso slealmente imposta a fedeli ignari, a suore piissime quanto disinformate, a bambini innocenti, incapaci di una scelta, ossia di valersi di una prassi «facoltativa».

(Enrico Zoffoli – Questa è la Messa. Non altro! – Edizioni Segno 1994 – pp. 99-102)

Testo in PDF qui.