Why We Pray in Latin

The Church has over the centuries gathered up the best of her Latin prayers, and saved them in collections, treasuries of beauty and precision. Many of these prayers date back to the early Church, linking us to the faith of our ancestors. We pray them, not for nostalgia’s sake, but because our Faith is unchanging, and these pithy expressions of Faith have rarely been equaled in expressing our belief. The prayers in our English Masses come from these prayers — but something is invariably lost in translation.
In addition to the ancient prayers that we say each day are the ancient prayers that we sing each day. For the chant that we sing at Mass is not just song, it is prayer in song. Many of the chants were written in monasteries by monks, who put to music texts from Scripture that had first been the subject of their meditation. Their compositions are therefore the fruit of their prayer, and are themselves prayer.
The Church has for centuries been gathering these chants, and gleaning from them the very best. The result is a single book called the Graduale Romanum. To gather a collection of English chant as beautiful would likewise take centuries, by which time English will itself probably be a dead language! In an attempt at a shortcut, efforts are constantly being made to adapt the ancients melodies to English texts, often by experts in chant. They are valiant efforts, greatly appreciated, but seldom successful. The original texts were in Latin, so the music composed for them flows naturally with the rhythm of the Latin language. The melodies usually sound awkward and unnatural when placed over an English text.

Fr. Marc Crilly

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Saint Benedict Abbey – Still River, Massachusetts

252 Still River Road
PO Box 67
Still River, MA 01467
(978) 456-3221

We celebrate Holy Mass and the Divine Office in Latin according to the Novus Ordo. We express our reverence for the Eucharist with Gregorian chant.

Celebriamo la santa Messa in latino secondo il Novus Ordo. Esprimiamo la nostra riverenza per l’Eucaristia con il canto Gregoriano.

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Email: vocation@abbey.org

LIVE STREAM SCHEDULE
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Sunday: Conventual Mass: 11:00 AM
Daily: Conventual Mass: 8:00 AM
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TRASMISSIONE DELLA S. MESSA IN DIRETTA
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Domenica: 17:00 ora italiana
Ogni giorno: 14:00 ora italiana
Le trasmissioni cominciano circa 5 minuti prima dell’orario indicato.

L’orientamento dell’altare – mons. Nicola Bux

L’orientamento “verso il popolo” che ha favorito la cosiddetta circolarità nella comunità, non è di tradizione cattolica, nemmeno ortodossa, ma protestante; tantomeno può essere ritenuto un modello classico: in quale liturgia occidentale o orientale si trova? Non è un ritorno alle origini. La ritrovata sensibilità per il simbolismo liturgico, dovrebbe indurre committenti e architetti a valorizzare il rivolgersi del sacerdote a oriente, simbolo cosmico del Signore che viene nella liturgia: dove questo non è possibile, verso un’immagine di Cristo nell’abside, verso una croce, o semplicemente verso il cielo, come il Signore ha fatto nella preghiera sacerdotale la sera prima della Passione (cfr. Giovanni 17, 1). Perché guardarsi reciprocamente, se come popolo di Dio siamo tutti in cammino verso il Signore che viene a visitarci dall’alto? È così che la Chiesa ha espresso la vera forma della messa, dell’eucaristia pignus futurae gloriae (anticipo della gloria futura), perché sulla terra la salvezza è incompleta. Invece, presentare la celebrazione “verso il popolo”, come orientamento verso il corpo sacramentale del Signore, significa che l’atteggiamento della preghiera riguarda solo il prete, reintroducendo così la differenza/separazione tra clero e popolo; ciò inoltre è contraddetto dal decentramento del tabernacolo dove il corpo sacramentale è permanentemente presente.
La croce posta sull’altare da papa Benedetto XVI perché sia guardata da celebrante e fedeli, è un rimedio che rimanda all’antico uso della croce nell’abside orientata a est. Non sostengono i liturgisti che la riforma liturgica ha reintrodotto usi antichi? Ora, si è riacceso il dibattito sulla posizione dell’altare e l’orientamento nella preghiera liturgica, anche perché non si è mai spento. Chi studia la storia e la teologia della liturgia dovrebbe avere l’onestà intellettuale di considerare le critiche fondate che teologi e periti conciliari come Josef Jungmann, Louis Bouyer, Joseph Ratzinger e recentemente Uwe Michael Lang, hanno mosso alla celebrazione “verso il popolo”. Ratzinger scrisse: «È di assoluta importanza poter guardare il sacerdote in viso, o non potrebbe spesso essere benefico riflettere che anche lui è un cristiano e che ha ogni ragione per volgersi verso Dio con tutti gli altri confratelli cristiani della congregazione e recitare con loro il Padre Nostro?». Ancora: «La ricerca storica ha reso la controversia meno faziosa, e fra i fedeli cresce sempre più la sensazione dei problemi che riguardano una disposizione che difficilmente mostra come la liturgia sia aperta a ciò che sta sopra di noi e al mondo che verrà»
La Sacrosanctum Concilium non parla di celebrazione “verso il popolo”. L’istruzione Inter oecumenici, preparata dal Consilium per l’applicazione della costituzione sulla sacra liturgia, ed emanata il 26 settembre 1964, si riferisce alla progettazione di nuove chiese e altari quando recita: «Nella chiesa vi sia di norma l’altare fisso e dedicato, costruito ad una certa distanza dalla parete, per potervi facilmente girare intorno e celebrare rivolti verso il popolo» (91). Una possibilità dunque per le chiese nuove, non un obbligo o una prescrizione. Sappiamo poi con quanta foga degna di miglior causa siano stati abbattuti gli altari rivolti ad orientem, cioè al Signore Oriens, splendor lucis aeternae, cercando in modo surrettizio di spiegare che erano “di spalle al popolo”. Chi ci ha fatto accorgere che erano tali? L’altare è per il Signore e il sacerdote è rivolto all’altare del Signore.
Quindi, il mutamento di orientamento non è stato approvato nell’aula conciliare ma introdotto da istruzioni postconciliari, presentato come possibilità e non obbligatorio. Il cardinale presidente del Consilium, Giacomo Lercaro, scrisse ai presidenti delle conferenze episcopali: «Per una liturgia vera e partecipe, non è indispensabile che l’altare sia rivolto “verso il popolo”: nella messa, l’intera liturgia della parola viene celebrata dal seggio, dall’ambone o dal leggio, quindi rivolti verso l’assemblea; per quanto riguarda la liturgia eucaristica, i sistemi di altoparlanti rendono la partecipazione abbastanza possibile». A parte l’esigenza di tutelare gli altari quali beni artistici e architettonici. Lercaro non era un tradizionalista, eppure la sua osservazione è caduta nel vuoto. Un pensiero non cattolico, per dirla con Paolo VI, vedeva nel mutamento della posizione del sacerdote il simbolo del cosiddetto spirito del concilio e di una presunta nuova ecclesiologia. Di fatto si scatenò un’euforia che portò a distruggere grandi opere d’arte e a sostituirle con tavoli. Dom Prosper Guéranger aveva osservato: «Il protestantesimo ha distrutto la religione abolendo il sacrificio, per esso l’altare non esiste più; non c’è più che una tavola: il suo cristianesimo si è conservato unicamente nel pulpito. La Chiesa cattolica, senza dubbio, si gloria della cattedra di verità, poiché “la fede viene dall’ascolto” (Romani 10, 17)».
Nel messale di Paolo VI, editio typica III del 2002, le rubriche dell’Orate fratres, del Pax Domini, dell’Ecce Agnus Dei e dei riti conclusivi, recitano ancora: «il sacerdote rivolto al popolo…»: vuol dire che in precedenza il celebrante si trova rivolto nella stessa direzione, ovvero verso l’altare; poi, alla comunione del celebrante la rubrica è: «il sacerdote rivolto all’altare…»: a che servirebbe dirlo qui, se egli fosse già dietro l’altare e di fronte al popolo? Dunque, l’altare può essere rivolto solo al Signore, mentre il sacerdote nella messa si rivolge in prevalenza all’altare e, quando è previsto, al popolo. Nella liturgia orientale è il diacono che fa da tramite tra l’altare e il popolo.
Tralascio le conferme a tale interpretazione da parte della Congregazione per il culto divino o le sottili disquisizioni in non poche recensioni dell’ordinamento generale del messale, per far dire ai testi ciò che non dicono. La tradizione cristiana d’oriente e d’occidente, prevede la direzione comune del sacerdote e dei fedeli nella preghiera liturgica; quella “verso il popolo” è in rottura con essa.
Allora, rivolgersi a Dio o al popolo? Il vero significato del rivolgersi al popolo da parte del sacerdote quando è all’altare, viene dall’essere stato sin dall’inizio della messa rivolto al Signore. A Bari, nella basilica di San Nicola, l’architrave del ciborio porta l’iscrizione latina rivolta al celebrante che sale all’altare: Arx haec par coelis, intra bone serve fidelis, ora devote Deum pro te populoque (Questa rocca è simile al cielo, entra servo buono e fedele, prega devotamente per te e per il popolo). Fa da contrappunto l’invito inciso sul primo dei gradini ancora al celebrante: sis humilis in ascensu, ecc. (sii umile mentre sali…). Al popolo il sacerdote si rivolge per comunicargli qualcosa da parte del Signore: come potrebbe se prima non è stato rivolto ad Dominum? È la verità del segno! Oriente docet.
Dunque non si tratta di essere unilaterali e non tener conto delle tesi contrarie, ma di verificare cosa sia essenziale per tenere insieme la tradizione e ri-orientare la preghiera distratta dei più. Rinunceremo a tale importante simbolo affinché sacerdote e assemblea nella preghiera eucaristica siano rivolti al Signore? Chi lo nega sostiene che la funzione dell’altare verrebbe a perdere la sua visibilità e centralità sia come luogo d’incontro del sacerdote con i fedeli, sia come mensa eucaristica con i segni di pane e vino che richiamano i gesti dell’ultima cena, compiuti oggi dal sacerdote, restando totalmente invisibili. Ma l’altare è il luogo d’incontro del sacerdote col Signore: solo lui può salirvi per esercitare la funzione sacerdotale; poi, il pane e il vino consacrati sono visibili al momento dell’elevazione, proprio in base al per ritus et preces, con cui viene massimamente presentato il mistero! L’orientamento esterno esprime l’atteggiamento che tutti i fedeli sono chiamati ad assumere nella preghiera eucaristica di fronte al mistero celebrato.
Chi aveva teorizzato la nuova posizione verso il popolo, è stato Martin Lutero che, nel suo opuscolo Messa tedesca e ordinamento del culto divino del 1526, sosteneva che così ha fatto Cristo nell’ultima cena. Egli aveva davanti agli occhi le rappresentazioni pittoriche dell’ultima cena comuni ai suoi tempi, come l’affresco di Leonardo da Vinci, ma queste non corrispondono agli usi conviviali del tempo di Gesù, quando i commensali sedevano o giacevano all’emiciclo posteriore del tavolo rotondo o a forma di sigma, e il posto d’onore era al lato destro, come si nota nelle più antiche raffigurazioni. Anche quando, dal XIII secolo, il posto di Gesù è al lato posteriore del tavolo in mezzo agli apostoli, non si può nemmeno parlare di celebrazione “verso il popolo”, perché il popolo nel cenacolo non c’era.
Qual è la posta in gioco dell’orientamento del sacerdote all’altare? Se si pensa che la preghiera o il sacrificio si rivolge e si offre sempre a Dio volgendo lo sguardo a oriente, è in gioco l’idea di messa come adorazione e sacrificio. Seguendo Lutero, molti teologi e liturgisti cattolici negano o attenuano il carattere sacrificale della messa, preferendo quello conviviale. Eppure lo “spezzare il pane” (fractio panis) nel giorno del Signore, primitivo nome della messa, viene espressamente indicato come un sacrificio dalla Didaché (14, 2), testo cristiano dei primi secoli; ora, il carattere sacrificale della messa è ben evidenziato dal volgersi tutti insieme col sacerdote “verso oriente” o la croce dall’inizio della preghiera eucaristica, rispondendo che i nostri cuori “sono rivolti al Signore”. Il fatto che la messa sia anche convito, in specie per quanti sono nelle condizioni di accostarsi, stanno a sottolinearlo i riti di comunione.
Non prescrive l’Ordo Romanus I del VII secolo che al Gloria il Pontefice stando al trono si rivolga a est? Oggi, non usano al vangelo i concelebranti rivolgersi verso l’ambone e alla preghiera eucaristica verso l’altare? Sono indizio dell’esigenza che ha la preghiera di orientarsi alla ricerca del volto di Gesù Cristo, che ci parla e ci guarda dalla croce: anche per questo deve essere al centro.
La riforma promossa dal concilio Vaticano II comincia dalla presenza del sacro nei cuori, dal suo recupero nella realtà della liturgia e del suo mistero, che eccede ogni spazio interiore ed esteriore, contemperando le esigenze di stabilità e di rinnovamento; ciò è visibile specialmente da tre cose: la posizione del sacerdote all’altare, il posto del silenzio sacro e la partecipazione dei fedeli.

Nicola Bux, Come andare a Messa e non perdere la fede, Piemme 2010, pagg. 22-28.

Um sacerdote precisa de permissão para celebrar uma missa “ad orientem”?

Não, não é necessária.
Uma permissão implica a existência de uma lei, um regulamento. Um bispo diocesano não pode estabelecer uma lei que contradiza as leis universais da Igreja. A Santa Missa pode ser celebrada na forma versus Deum (“ad orientem”) ou versus populum  (virado para Deus ou virado para o povo, respectivamente) à escolha do sacerdote. De acordo com a lei, permissões não são necessárias.  Na realidade, as rubricas do Missal, lidas apropriadamente,  assumem que o padre está celebrando a missa voltado à Deus, pois indica momentos em que ele se vira ao povo.

Ten advantages / Dieci vantaggi

Ten Advantages
What are the advantages of standing at the altar ad orientem? I can think of ten straight off:
1. The Holy Sacrifice of the Mass is experienced as having a theocentric direction and focus.
2. The faithful are spared the tiresome clerocentrism that has so overtaken the celebration of Holy Mass in the past forty years.
3. It has once again become evident that the Canon of the Mass (Prex Eucharistica) is addressed to the Father, by the priest, in the name of all.
4. The sacrificial character of the Mass is wonderfully expressed and affirmed.
5. Almost imperceptibly one discovers the rightness of praying silently at certain moments, of reciting certain parts of the Mass softly, and of cantillating others.
6. It affords the priest celebrant the boon of a holy modesty.
7. I find myself more and more identified with Christ, Eternal High Priest and Hostia perpetua, in the liturgy of the heavenly sanctuary, beyond the veil, before the Face of the Father.
8. During the Canon of the Mass I am graced with a profound recollection.
9. The people have become more reverent in their demeanour.
10. The entire celebration of Holy Mass has gained in reverence, attention, and devotion.

Dieci vantaggi
Quali sono i vantaggi di stare all’altare rivolto ad orientem? Me ne vengono subito in mente dieci:
1. Si fa esperienza della direzione e della focalizzazione teocentrica del Santo Sacrificio della Messa.
2. I fedeli vengono risparmiati dal noioso clerocentrismo che ha invaso la celebrazione della Santa Messa negli ultimi quarant’anni.
3. È di nuovo evidente che il Canone della Messa (Prex Eucharistica) è indirizzato al Padre, dal sacerdote, in nome di tutti.
4. È meravigliosamente espresso e affermato il carattere sacrificale della Messa.
5. Quasi impercettibilmente si scopre la convenienza di pregare in silenzio in certi momenti, di recitare a bassa voce alcune parti della Messa e di cantillare gli altri.
6. Offre al sacerdote celebrante il dono di una santa modestia.
7. Mi ritrovo sempre più identificato con Cristo, Eterno Sommo Sacerdote e Hostia perpetua, nella liturgia del santuario celeste, oltre il velo, davanti al Volto del Padre.
8. Durante il Canone della Messa mi viene donato un profondo raccoglimento.
9. I fedeli sono diventati più riverenti nel loro comportamento.
10. L’intera celebrazione della Santa Messa ha guadagnato in riverenza, attenzione e devozione.

Preso da qui /Taken from here.

Omelia dal card. Sarah a Chartres (21 maggio 2018)

Cari pellegrini, senza silenzio non c’è luce. Le tenebre si nutrono del rumore incessante di questo mondo, che ci impedisce di rivolgerci a Dio. Prendiamo come esempio la liturgia della Messa di oggi. Essa ci porta all’adorazione, al timore filiale e amorevole davanti alla grandezza di Dio. Essa culmina nella consacrazione, ove tutti insieme rivolti all’altare, gli sguardi diretti all’ostia, verso la croce, ci comunichiamo in silenzio, nel raccoglimento e nell’adorazione.
Fratelli, amiamo quelle liturgie che ci fanno gustare la presenza silenziosa e trascendente di Dio, e ci rivolgono al Signore.

(…)

Dobbiamo saperci volgere verso Dio, in una celebrazione liturgica raccolta, piena di rispetto, di silenzio e impressa di sacralità. Non inventiamo nulla nella liturgia, riceviamo tutto da Dio e dalla Chiesa. Non cerchiamo lo spettacolo o il successo.

(…)

Nella forma ordinaria del rito romano come nella forma extraordinaria, l’essenziale è di volgerci verso la croce, verso Cristo, nostro Oriente, nostro tutto, nostro unico orizzonte. Sia nella forma ordinaria sia in quella extraordinaria, sappiamo sempre celebrare, come oggi, secondo quello che insegna il Concilio Vaticano II, con una nobile semplicità, senza sovraccarico inutile, senza estetica fittizia e teatrale, ma con il senso del sacro, la preoccupazione principale della gloria di Dio e con un vero spirito di figli della Chiesa di oggi e di sempre!

(Omelia completa sul sito Romualdica – traduzione a cura di sr. Bertilla Obl.S.B)

Homily in English here.

Homélie en Français ici.

Cardinal Sarah: “Peuple de France, retourne à tes racines!”

Chers pèlerins, sans silence il n’y a pas de lumière. Les ténèbres se nourrissent du bruit incessant de ce monde qui nous empêche de nous tourner vers Dieu. Prenons exemple sur la liturgie de la messe de ce jour. Elle nous porte à l’adoration, à la crainte filiale et amoureuse devant la grandeur de Dieu. Elle culmine à la consécration ou tous ensemble tournés vers l’autel, le regard dirigé vers l’hostie, vers la Croix, nous communions en silence, dans le recueillement et l’adoration.
Frères, aimons ces liturgies qui nous font goûter la présence silencieuse et transcendante de Dieu, et nous tournent vers le Seigneur.

(…)

Sachons nous tourner vers Dieu, dans une célébration liturgique recueillie, pleine de respect, de silence et empreinte de sacralité. N’inventons rien dans la liturgie, recevons tout de Dieu et de l’Eglise. Ne cherchons pas le spectacle ou la réussite.

(…)

Dans la forme ordinaire du rit romain comme dans la forme extraordinaire, l’essentiel est de nous tourner vers la Croix, vers le Christ, notre Orient, notre tout, notre unique horizon.
Que ce soit dans la forme ordinaire ou dans la forme extraordinaire, sachons toujours célébrer, comme en ce jour, selon ce qu’enseigne le Concile Vatican II, avec une noble simplicité, sans surcharge inutile, sans esthétique factice et théâtrale mais avec le sens du sacré, le souci premier de la gloire de Dieu et avec un véritable esprit de fils de l’Eglise d’aujourd’hui et de toujours.

Homélie complète ici.

Omelia completa in italiano qui.

Commento in italiano qui.

Cardinal Sarah’s Homily to the Chartres Pilgrims

Dear pilgrims, without silence, there is no light. Darkness feeds on the incessant noise of this world, which prevents us from turning to God.
Take the example of the liturgy of the Mass today. It brings us to adoration, filial fear and love in the presence of God’s greatness. It culminates in the Consecration where together, facing the altar, our gaze directed to the host, to the cross, we commune in silence in recollection and in adoration.
Dear friends, let us love these liturgies that enable us to taste the silent and transcendent presence of God, and turn us towards the Lord.

(…)

Let us know how to turn to God in a liturgical celebration, full of respect, silence and sacredness. Do not invent anything in the liturgy. Let us receive everything from God and from the Church. Do not look for show or success.

(…)

In the ordinary form, just as in the extraordinary form of the Roman rite, the essential thing is to turn to the Cross, to Christ, our East, our Everything and our only Horizon! Whether in the ordinary form or the extraordinary form, let us always celebrate, as on this day, according to what the Second Vatican Council teaches: with a noble simplicity, without useless additions, without factitious and theatrical aesthetic, but with the sense of the sacred, with the primary concern for the Glory of God, and with a true spirit of a son of the Church of today and of always!

Full English translation of the homily here.

Omelia completa in italiano qui.