Dominica XXV “per annum” – 23 Sep 2018

Ant. ad introitum
Salus pópuli ego sum, dicit Dóminus.
De quacúmque tribulatióne clamáverint ad me,
exáudiam eos, et ero illórum Dóminus in perpétuum.

Collecta
Deus, qui sacræ legis ómnia constitúta
in tua et próximi dilectióne posuísti,
da nobis, ut, tua præcépta servántes,
ad vitam mereámur perveníre perpétuam.
Per Dóminum.

Super oblata
Múnera, quǽsumus, Dómine, tuæ plebis propitiátus assúme,
ut, quæ fídei pietáte profiténtur,
sacraméntis cæléstibus apprehéndant.
Per Christum.

Ant. ad communionem Ps 118, 4-5
Tu mandásti mandáta tua custodíri nimis;
útinam dirigántur viæ meæ
ad custodiéndas iustificatiónes tuas.
Vel: Io 10, 14
Ego sum pastor bonus, dicit Dóminus;
et cognósco oves meas, et cognóscunt me meæ.

Post communionem
Quos tuis, Dómine, réficis sacraméntis,
contínuis attólle benígnus auxíliis,
ut redemptiónis efféctum
et mystériis capiámus et móribus.
Per Christum.

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Dominica XXIV “per annum” – 16 Sep 2018

Ant. ad introitum Cf. Sir 36, 18
Da pacem, Dómine, sustinéntibus te,
ut prophétæ tui fidéles inveniántur;
exáudi preces servi tui, et plebis tuæ Israel.

Collecta
Réspice nos, rerum ómnium Deus creátor et rector,
et, ut tuæ propitiatiónis sentiámus efféctum,
toto nos tríbue tibi corde servíre.
Per Dóminum.

Super oblata
Propitiáre, Dómine, supplicatiónibus nostris,
et has oblatiónes famulórum tuórum benígnus assúme,
ut, quod sínguli ad honórem tui nóminis obtulérunt,
cunctis profíciat ad salútem.
Per Christum.

Ant. ad communionem Cf. Ps 35, 8
Quam pretiósa est misericórdia tua, Deus!
Fílii hóminum sub umbra alárum tuárum confúgient.
Vel: Cf. 1 Cor 10, 16
Calix benedictiónis, cui benedícimus,
communicátio Sánguinis Christi est;
et panis, quem frángimus, participátio Córporis Dómini est.

Post communionem
Mentes nostras et córpora possídeat,
quǽsumus, Dómine, doni cæléstis operátio,
ut non noster sensus in nobis,
sed eius prævéniat semper efféctus.
Per Christum.

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Dominica XXIII “per annum” – 9 Sep 2018

Ant. ad introitum Ps 118, 137.124
Iustus es, Dómine, et rectum iudícium tuum;
fac cum servo tuo secúndum misericórdiam tuam.

Collecta
Deus, per quem nobis
et redémptio venit et præstátur adóptio,
fílios dilectiónis tuæ benígnus inténde,
ut in Christo credéntibus
et vera tribuátur libértas, et heréditas ætérna.
Per Dóminum.

Super oblata
Deus, auctor sincéræ devotiónis et pacis,
da, quǽsumus, ut et maiestátem tuam
conveniénter hoc múnere venerémur,
et sacri participatióne mystérii fidéliter sénsibus uniámur.
Per Christum.

Ant. ad communionem Cf. Ps 41, 2-3
Quemádmodum desíderat cervus ad fontes aquárum,
ita desíderat ánima mea ad te, Deus:
sitívit ánima mea ad Deum fortem vivum.
Vel: Io 8, 12
Ego sum lux mundi, dicit Dóminus;
qui séquitur me, non ámbulat in ténebris,
sed habébit lumen vitæ.

Post communionem
Da fidélibus tuis, Dómine,
quos et verbi tui et cæléstis sacraménti pábulo
nutris et vivíficas,
ita dilécti Fílii tui tantis munéribus profícere,
ut eius vitæ semper consórtes éffici mereámur.
Qui vivit et regnat in sǽcula sæculórum.

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Dominica XXII “per annum” – 2 Sep 2018

Ant. ad introitum Cf. Ps 85, 3.5
Miserére mihi, Dómine, quóniam ad te clamávi tota die:
quia tu, Dómine, suávis ac mitis es,
et copiósus in misericórdia ómnibus invocántibus te.

Collecta
Deus virtútum, cuius est totum quod est óptimum,
ínsere pectóribus nostris tui nóminis amórem,
et præsta, ut in nobis,
religiónis augménto, quæ sunt bona nútrias,
ac, vigilánti stúdio, quæ sunt nutríta custódias.
Per Dóminum.

Super oblata
Benedictiónem nobis, Dómine, cónferat salutárem
sacra semper oblátio,
ut, quod agit mystério, virtúte perfíciat.
Per Christum.

Ant. ad communionem Ps 30, 20
Quam magna multitúdo dulcédinis tuæ, Dómine,
quam abscondísti timéntibus te.
Vel: Mt 5, 9-10
Beáti pacífici, quóniam fílii Dei vocabúntur.
Beáti qui persecutiónem patiúntur propter iustítiam,
quóniam ipsórum est regnum cælórum.

Post communionem
Pane mensæ cæléstis refécti, te, Dómine, deprecámur,
ut hoc nutriméntum caritátis corda nostra confírmet,
quátenus ad tibi ministrándum in frátribus excitémur.
Per Christum.

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L’orientamento dell’altare – mons. Nicola Bux

L’orientamento “verso il popolo” che ha favorito la cosiddetta circolarità nella comunità, non è di tradizione cattolica, nemmeno ortodossa, ma protestante; tantomeno può essere ritenuto un modello classico: in quale liturgia occidentale o orientale si trova? Non è un ritorno alle origini. La ritrovata sensibilità per il simbolismo liturgico, dovrebbe indurre committenti e architetti a valorizzare il rivolgersi del sacerdote a oriente, simbolo cosmico del Signore che viene nella liturgia: dove questo non è possibile, verso un’immagine di Cristo nell’abside, verso una croce, o semplicemente verso il cielo, come il Signore ha fatto nella preghiera sacerdotale la sera prima della Passione (cfr. Giovanni 17, 1). Perché guardarsi reciprocamente, se come popolo di Dio siamo tutti in cammino verso il Signore che viene a visitarci dall’alto? È così che la Chiesa ha espresso la vera forma della messa, dell’eucaristia pignus futurae gloriae (anticipo della gloria futura), perché sulla terra la salvezza è incompleta. Invece, presentare la celebrazione “verso il popolo”, come orientamento verso il corpo sacramentale del Signore, significa che l’atteggiamento della preghiera riguarda solo il prete, reintroducendo così la differenza/separazione tra clero e popolo; ciò inoltre è contraddetto dal decentramento del tabernacolo dove il corpo sacramentale è permanentemente presente.
La croce posta sull’altare da papa Benedetto XVI perché sia guardata da celebrante e fedeli, è un rimedio che rimanda all’antico uso della croce nell’abside orientata a est. Non sostengono i liturgisti che la riforma liturgica ha reintrodotto usi antichi? Ora, si è riacceso il dibattito sulla posizione dell’altare e l’orientamento nella preghiera liturgica, anche perché non si è mai spento. Chi studia la storia e la teologia della liturgia dovrebbe avere l’onestà intellettuale di considerare le critiche fondate che teologi e periti conciliari come Josef Jungmann, Louis Bouyer, Joseph Ratzinger e recentemente Uwe Michael Lang, hanno mosso alla celebrazione “verso il popolo”. Ratzinger scrisse: «È di assoluta importanza poter guardare il sacerdote in viso, o non potrebbe spesso essere benefico riflettere che anche lui è un cristiano e che ha ogni ragione per volgersi verso Dio con tutti gli altri confratelli cristiani della congregazione e recitare con loro il Padre Nostro?». Ancora: «La ricerca storica ha reso la controversia meno faziosa, e fra i fedeli cresce sempre più la sensazione dei problemi che riguardano una disposizione che difficilmente mostra come la liturgia sia aperta a ciò che sta sopra di noi e al mondo che verrà»
La Sacrosanctum Concilium non parla di celebrazione “verso il popolo”. L’istruzione Inter oecumenici, preparata dal Consilium per l’applicazione della costituzione sulla sacra liturgia, ed emanata il 26 settembre 1964, si riferisce alla progettazione di nuove chiese e altari quando recita: «Nella chiesa vi sia di norma l’altare fisso e dedicato, costruito ad una certa distanza dalla parete, per potervi facilmente girare intorno e celebrare rivolti verso il popolo» (91). Una possibilità dunque per le chiese nuove, non un obbligo o una prescrizione. Sappiamo poi con quanta foga degna di miglior causa siano stati abbattuti gli altari rivolti ad orientem, cioè al Signore Oriens, splendor lucis aeternae, cercando in modo surrettizio di spiegare che erano “di spalle al popolo”. Chi ci ha fatto accorgere che erano tali? L’altare è per il Signore e il sacerdote è rivolto all’altare del Signore.
Quindi, il mutamento di orientamento non è stato approvato nell’aula conciliare ma introdotto da istruzioni postconciliari, presentato come possibilità e non obbligatorio. Il cardinale presidente del Consilium, Giacomo Lercaro, scrisse ai presidenti delle conferenze episcopali: «Per una liturgia vera e partecipe, non è indispensabile che l’altare sia rivolto “verso il popolo”: nella messa, l’intera liturgia della parola viene celebrata dal seggio, dall’ambone o dal leggio, quindi rivolti verso l’assemblea; per quanto riguarda la liturgia eucaristica, i sistemi di altoparlanti rendono la partecipazione abbastanza possibile». A parte l’esigenza di tutelare gli altari quali beni artistici e architettonici. Lercaro non era un tradizionalista, eppure la sua osservazione è caduta nel vuoto. Un pensiero non cattolico, per dirla con Paolo VI, vedeva nel mutamento della posizione del sacerdote il simbolo del cosiddetto spirito del concilio e di una presunta nuova ecclesiologia. Di fatto si scatenò un’euforia che portò a distruggere grandi opere d’arte e a sostituirle con tavoli. Dom Prosper Guéranger aveva osservato: «Il protestantesimo ha distrutto la religione abolendo il sacrificio, per esso l’altare non esiste più; non c’è più che una tavola: il suo cristianesimo si è conservato unicamente nel pulpito. La Chiesa cattolica, senza dubbio, si gloria della cattedra di verità, poiché “la fede viene dall’ascolto” (Romani 10, 17)».
Nel messale di Paolo VI, editio typica III del 2002, le rubriche dell’Orate fratres, del Pax Domini, dell’Ecce Agnus Dei e dei riti conclusivi, recitano ancora: «il sacerdote rivolto al popolo…»: vuol dire che in precedenza il celebrante si trova rivolto nella stessa direzione, ovvero verso l’altare; poi, alla comunione del celebrante la rubrica è: «il sacerdote rivolto all’altare…»: a che servirebbe dirlo qui, se egli fosse già dietro l’altare e di fronte al popolo? Dunque, l’altare può essere rivolto solo al Signore, mentre il sacerdote nella messa si rivolge in prevalenza all’altare e, quando è previsto, al popolo. Nella liturgia orientale è il diacono che fa da tramite tra l’altare e il popolo.
Tralascio le conferme a tale interpretazione da parte della Congregazione per il culto divino o le sottili disquisizioni in non poche recensioni dell’ordinamento generale del messale, per far dire ai testi ciò che non dicono. La tradizione cristiana d’oriente e d’occidente, prevede la direzione comune del sacerdote e dei fedeli nella preghiera liturgica; quella “verso il popolo” è in rottura con essa.
Allora, rivolgersi a Dio o al popolo? Il vero significato del rivolgersi al popolo da parte del sacerdote quando è all’altare, viene dall’essere stato sin dall’inizio della messa rivolto al Signore. A Bari, nella basilica di San Nicola, l’architrave del ciborio porta l’iscrizione latina rivolta al celebrante che sale all’altare: Arx haec par coelis, intra bone serve fidelis, ora devote Deum pro te populoque (Questa rocca è simile al cielo, entra servo buono e fedele, prega devotamente per te e per il popolo). Fa da contrappunto l’invito inciso sul primo dei gradini ancora al celebrante: sis humilis in ascensu, ecc. (sii umile mentre sali…). Al popolo il sacerdote si rivolge per comunicargli qualcosa da parte del Signore: come potrebbe se prima non è stato rivolto ad Dominum? È la verità del segno! Oriente docet.
Dunque non si tratta di essere unilaterali e non tener conto delle tesi contrarie, ma di verificare cosa sia essenziale per tenere insieme la tradizione e ri-orientare la preghiera distratta dei più. Rinunceremo a tale importante simbolo affinché sacerdote e assemblea nella preghiera eucaristica siano rivolti al Signore? Chi lo nega sostiene che la funzione dell’altare verrebbe a perdere la sua visibilità e centralità sia come luogo d’incontro del sacerdote con i fedeli, sia come mensa eucaristica con i segni di pane e vino che richiamano i gesti dell’ultima cena, compiuti oggi dal sacerdote, restando totalmente invisibili. Ma l’altare è il luogo d’incontro del sacerdote col Signore: solo lui può salirvi per esercitare la funzione sacerdotale; poi, il pane e il vino consacrati sono visibili al momento dell’elevazione, proprio in base al per ritus et preces, con cui viene massimamente presentato il mistero! L’orientamento esterno esprime l’atteggiamento che tutti i fedeli sono chiamati ad assumere nella preghiera eucaristica di fronte al mistero celebrato.
Chi aveva teorizzato la nuova posizione verso il popolo, è stato Martin Lutero che, nel suo opuscolo Messa tedesca e ordinamento del culto divino del 1526, sosteneva che così ha fatto Cristo nell’ultima cena. Egli aveva davanti agli occhi le rappresentazioni pittoriche dell’ultima cena comuni ai suoi tempi, come l’affresco di Leonardo da Vinci, ma queste non corrispondono agli usi conviviali del tempo di Gesù, quando i commensali sedevano o giacevano all’emiciclo posteriore del tavolo rotondo o a forma di sigma, e il posto d’onore era al lato destro, come si nota nelle più antiche raffigurazioni. Anche quando, dal XIII secolo, il posto di Gesù è al lato posteriore del tavolo in mezzo agli apostoli, non si può nemmeno parlare di celebrazione “verso il popolo”, perché il popolo nel cenacolo non c’era.
Qual è la posta in gioco dell’orientamento del sacerdote all’altare? Se si pensa che la preghiera o il sacrificio si rivolge e si offre sempre a Dio volgendo lo sguardo a oriente, è in gioco l’idea di messa come adorazione e sacrificio. Seguendo Lutero, molti teologi e liturgisti cattolici negano o attenuano il carattere sacrificale della messa, preferendo quello conviviale. Eppure lo “spezzare il pane” (fractio panis) nel giorno del Signore, primitivo nome della messa, viene espressamente indicato come un sacrificio dalla Didaché (14, 2), testo cristiano dei primi secoli; ora, il carattere sacrificale della messa è ben evidenziato dal volgersi tutti insieme col sacerdote “verso oriente” o la croce dall’inizio della preghiera eucaristica, rispondendo che i nostri cuori “sono rivolti al Signore”. Il fatto che la messa sia anche convito, in specie per quanti sono nelle condizioni di accostarsi, stanno a sottolinearlo i riti di comunione.
Non prescrive l’Ordo Romanus I del VII secolo che al Gloria il Pontefice stando al trono si rivolga a est? Oggi, non usano al vangelo i concelebranti rivolgersi verso l’ambone e alla preghiera eucaristica verso l’altare? Sono indizio dell’esigenza che ha la preghiera di orientarsi alla ricerca del volto di Gesù Cristo, che ci parla e ci guarda dalla croce: anche per questo deve essere al centro.
La riforma promossa dal concilio Vaticano II comincia dalla presenza del sacro nei cuori, dal suo recupero nella realtà della liturgia e del suo mistero, che eccede ogni spazio interiore ed esteriore, contemperando le esigenze di stabilità e di rinnovamento; ciò è visibile specialmente da tre cose: la posizione del sacerdote all’altare, il posto del silenzio sacro e la partecipazione dei fedeli.

Nicola Bux, Come andare a Messa e non perdere la fede, Piemme 2010, pagg. 22-28.

Um sacerdote precisa de permissão para celebrar uma missa “ad orientem”?

Não, não é necessária.
Uma permissão implica a existência de uma lei, um regulamento. Um bispo diocesano não pode estabelecer uma lei que contradiza as leis universais da Igreja. A Santa Missa pode ser celebrada na forma versus Deum (“ad orientem”) ou versus populum  (virado para Deus ou virado para o povo, respectivamente) à escolha do sacerdote. De acordo com a lei, permissões não são necessárias.  Na realidade, as rubricas do Missal, lidas apropriadamente,  assumem que o padre está celebrando a missa voltado à Deus, pois indica momentos em que ele se vira ao povo.

Dominica XXI “per annum” – 26 Aug 2018

Ant. ad introitum Cf. Ps 85, 1-3
Inclína, Dómine, aurem tuam ad me, et exáudi me.
Salvum fac servum tuum, Deus meus, sperántem in te.
Miserére mihi, Dómine, quóniam ad te clamávi tota die.

Collecta
Deus, qui fidélium mentes uníus éfficis voluntátis,
da pópulis tuis id amáre quod prǽcipis,
id desideráre quod promíttis,
ut, inter mundánas varietátes,
ibi nostra fixa sint corda, ubi vera sunt gáudia.
Per Dóminum.

Super oblata
Qui una semel hóstia, Dómine,
adoptiónis tibi pópulum acquisísti,
unitátis et pacis in Ecclésia tua
propítius nobis dona concédas.
Per Christum.

Ant. ad communionem Cf. Ps 103, 13-15
De fructu óperum tuórum, Dómine, satiábitur terra,
ut edúcas panem de terra, et vinum lætíficet cor hóminis.
Vel: Io 6, 55
Qui mandúcat meam carnem et bibit meum sánguinem,
habet vitam ætérnam, dicit Dóminus;
et ego resuscitábo eum in novíssimo die.

Post communionem
Plenum, quǽsumus, Dómine,
in nobis remédium tuæ miseratiónis operáre,
ac tales nos esse pérfice propítius et sic fovéri,
ut tibi in ómnibus placére valeámus.
Per Christum.

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Messa di Sant’Alessandro martire, patrono della Città e della Diocesi di Bergamo, con letture e orazioni in lingua italiana (da stampare su fogli A3 fronte/retro)

Dominica XX “per annum” – 19 Aug 2018

Ant. ad introitum Ps 83, 10-11
Protéctor noster, áspice, Deus,
et réspice in fáciem Christi tui,
quia mélior est dies una in átriis tuis super míllia.

Collecta
Deus, qui diligéntibus te bona invisibília præparásti,
infúnde córdibus nostris tui amóris afféctum,
ut, te in ómnibus et super ómnia diligéntes,
promissiónes tuas, quæ omne desidérium súperant,
consequámur.
Per Dóminum.

Super oblata
Súscipe, Dómine, múnera nostra,
quibus exercéntur commércia gloriósa,
ut, offeréntes quæ dedísti,
teípsum mereámur accípere.
Per Christum.

Ant. ad communionem Ps 129, 7
Apud Dóminum misericórdia,
et copiósa apud eum redémptio.
Vel: Io 6, 51-52
Ego sum panis vivus, qui de cælo descéndi, dicit Dóminus:
si quis manducáverit ex hoc pane, vivet in ætérnum.

Post communionem
Per hæc sacraménta, Dómine, Christi partícipes effécti,
cleméntiam tuam humíliter implorámus,
ut, eius imáginis confórmes in terris,
et eius consórtes in cælis fíeri mereámur.
Qui vivit et regnat in sǽcula sæculórum.

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In Assumptione Beatæ Mariæ Virginis

Sollemnitas

Ad Missam in Vigilia
Hæc Missa dicitur vespere diei 14 augusti, sive ante sive post I Vesperas sollemnitatis.

Ant. ad introitum
Gloriósa dicta sunt de te, María,
quæ hódie exaltáta es super choros Angelórum,
et in ætérnum cum Christo triúmphas.

Dicitur Glória in excélsis.

Collecta
Deus, qui beátam Vírginem Maríam,
eius humilitátem respíciens, ad hanc grátiam evexísti,
ut Unigénitus tuus ex ipsa secúndum carnem nascerétur,
et hodiérna die superexcellénti glória coronásti,
eius nobis précibus concéde,
ut, redemptiónis tuæ mystério salváti,
a te exaltári mereámur.
Per Dóminum.

Dicitur Credo.

Super oblata
Súscipe, quǽsumus, Dómine,
sacrifícium placatiónis et laudis,
quod in sanctæ Dei Genetrícis Assumptióne celebrámus,
ut ad véniam nos obtinéndam perdúcat,
et in perpétua gratiárum constítuat actióne.
Per Christum.

Præfatio: De gloria Mariæ Assumptæ.

Ant. ad communionem Cf. Lc 11, 27
Beáta víscera Maríæ Vírginis,
quæ portavérunt ætérni Patris Fílium.

Post communionem
Mensæ cæléstis partícipes effécti,
implorámus cleméntiam tuam, Dómine Deus noster,
ut, qui Assumptiónem Dei Genetrícis cólimus,
a cunctis malis imminéntibus liberémur.
Per Christum.

Adhiberi potest formula benedictionis sollemnis.

Ad Missam in die

Ant. ad introitum Cf. Apoc 12, 1
Signum magnum appáruit in cælo:
múlier amícta sole, et luna sub pédibus eius,
et in cápite eius coróna stellárum duódecim.
Vel:
Gaudeámus omnes in Dómino,
diem festum celebrántes sub honóre Maríæ Vírginis,
de cuius Assumptióne gaudent Angeli,
et colláudant Fílium Dei.

Dicitur Glória in excélsis.

Collecta
Omnípotens sempitérne Deus,
qui immaculátam Vírginem Maríam, Fílii tui Genetrícem,
córpore et ánima ad cæléstem glóriam assumpsísti,
concéde, quǽsumus, ut, ad supérna semper inténti,
ipsíus glóriæ mereámur esse consórtes.
Per Dóminum.

Dicitur Credo.

Super oblata
Ascéndat ad te, Dómine, nostræ devotiónis oblátio,
et, beatíssima Vírgine María
in cælum assúmpta intercedénte,
corda nostra, caritátis igne succénsa,
ad te iúgiter aspírent.
Per Christum.

Præfatio: De gloria Mariæ Assumptæ.

Ant. ad communionem Lc 1,48-49
Beátam me dicent omnes generatiónes,
quia fecit mihi magna qui potens est.

Post communionem
Sumptis, Dómine, salutáribus sacraméntis,
da, quǽsumus,
ut, intercessióne beátæ Maríæ Vírginis in cælum assúmptæ,
ad resurrectiónis glóriam perducámur.
Per Christum.

Adhiberi potest formula benedictionis sollemnis.

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