Pastoral Letter on Sacred Music in Divine Worship

“Sing to the LORD a New Song”
of the Archbishop of Portland in Oregon
the Most Reverend Alexander K. Sample
to the Priests, Deacons, Religious,
Musicians and Faithful of the Archdiocese

25 January 2019

Any discussion of the different forms of sacred music must start with Gregorian chant. The Second Vatican Council, taking a lead from Pope St. Pius X, articulated that Gregorian chant should enjoy a pride of place in the Roman liturgy. Every official liturgical document and every teaching of the popes since then has reiterated this important principle.

Given all of this strong teaching from the Popes, the Second Vatican Council, and the U.S. Bishops, how is it that this ideal concerning Gregorian chant has not been realized in the Church? Far from enjoying a pride of place in the Church’s Sacred Liturgy, one rarely if ever hears Gregorian chant.

This is a situation which must be rectified. It will require great effort and serious catechesis for the clergy and faithful, but Gregorian chant must be introduced more widely as a normal part of the Mass. Some practical steps toward this are outlined in the Guidelines section of this pastoral letter.

Read the full Pastoral Letter here.

Ad Orientem: Turning Things Around in the Church

From OnePeterFive:

It’s time to start making Mass about Christ, and only Christ, once again.  Having priests turn around and face Him, to lead us in worship of Him not only in spirit and word, but also in physical posture, is a great and necessary first step. That would be the first place to set a tone that says, “This parish and its Masses are about worshipping God. Social events, floor shows, and charismatic priests are not our focus.”

Full article by Ken Foye here.

Traducción en Español aquí.

Sobre la Misa Ad Orientem: Dando la vuelta a las cosas en la iglesia

De InfoVaticana:

Es hora de comenzar a hacer la misa con Cristo en el centro, y solo Cristo, nuevamente. Hacer que los sacerdotes se vuelvan y estén frente a Él, para que nos guíen a adorarlo, no solo en espíritu y palabra, sino también con la postura física; es un primer paso importante y necesario. Ese sería el primer paso para establecer una señal que diga: “esta parroquia y sus misas son para adorar a Dios. Los eventos sociales, los shows en el escenario y los sacerdotes carismáticos no son nuestro centro”.

Artículo completo por Ken Foye aquí.

Original article in English here.

PDF Download • “Bragers Service Book” (208 pages)

From http://www.ccwatershed.org:

Readers will recognize the name of Achille P. Bragers (1887-1955), who became the most famous exponent of the Solesmes accompaniments—surpassing even Julius Bas, Henri Potiron, and Jean Hébert Desroquettes in fame.

This “Bragers Service Book” (1941) will please you very much. It contains miscellaneous chants frequently sought by organists: Concordi Lætita, Salve Mater Misericordiæ, Inviolata, Rosa Vernans, Virgo Dei Genitrix, Sub Tuum Præsidium, O Quam Suavis (where Sanctus VIII comes from), Ave Verum Corpus, Adoro Te Devote, litanies, and tons more:

DOWNLOAD HERE

La riscrittura del canto gregoriano

Da Traditio Liturgica:

Questo post ha un carattere eminentemente utile e pratico, particolarmente per chi si trova nel bisogno di trascrivere il canto gregoriano e non ha un programma adeguato per farlo. Qualche tempo fa l’Abbazia di Fontgombault (Francia) aveva diffuso un programma per tal scopo ad un prezzo, però, piuttosto elevato.
Recentemente si è sviluppato in rete un sistema in grado di sopperire magnificamente a questo programma e per giunta gratuitamente. L’importante è avere un po’ di pazienza per imparare, ben sapendo che questo tipo di attività richiede una sorta di “amanuense informatico”.
Il sistema per scrivere in gregoriano a cui faccio riferimento si denomina con un acronimo GABC. Lo illustrerò brevemente, poi lascio ad ognuno provarlo. Provarlo con costanza è l’unico modo per impratichirsi ed avere una certa maestria e velocità.
Post completo qui.

Dominica III “per annum” – 27 Ian 2019

Ant. ad introitum Cf. Ps 95, 1.6
Cantáte Dómino cánticum novum,
cantáte Dómino, omnis terra.
Conféssio et pulchritúdo in conspéctu eius,
sánctitas et magnificéntia in sanctificatióne eius.

Collecta
Omnípotens sempitérne Deus,
dírige actus nostros in beneplácito tuo,
ut in nómine dilécti Fílii tui
mereámur bonis opéribus abundáre.
Per Dóminum.

Super oblata
Múnera nostra, Dómine, súscipe placátus,
quæ sanctificándo nobis, quǽsumus,
salutária fore concéde.
Per Christum.

Ant. ad communionem Cf. Ps 33, 6
Accédite ad Dóminum et illuminámini,
et fácies vestræ non confundéntur.
Vel: Io 8, 12
Ego sum lux mundi, dicit Dóminus;
qui séquitur me, non ámbulat in ténebris,
sed habébit lumen vitæ.

Post communionem
Præsta nobis, quǽsumus, omnípotens Deus,
ut, vivificatiónis tuæ grátiam consequéntes,
in tuo semper múnere gloriémur.
Per Christum.

© Copyright – Libreria Editrice Vaticana

Messalino in PDF con letture in lingua italiana (da stampare su fogli A3 fronte/retro)

Missalette in PDF with readings in English (to be printed on A3 sheets, front/back)

Messbuch in PDF mit Lesungen auf Deutsch (auf A3-Bogen, Vorder-/Rückseite drücken)

Patriarch Gregorios III Letter on Liturgy / Lettera sulla Liturgia

41.  The Instruction for applying the liturgical prescriptions of the code of canons of the eastern churches mentions the importance of Praying towards the East in No. 107, “Ever since ancient times, it has been customary in the prayer of the Eastern Churches to prostrate oneself to the ground, turning toward the east; the buildings themselves were constructed such that the altar would face the east. Saint John of Damascus explains the meaning of this tradition: ‘It is not for simplicity nor by chance that we pray turned toward the regions of the east …. Since God is intelligible light (1 John 1: 5), and in the Scripture, Christ is called the Sun of justice (Malachi 3: 20) and the East (Zechariah 3: 8 of the LXX), it is necessary to dedicate the east to him in order to render him worship. The Scripture says: ‘Then the Lord God planted a garden in Eden, in the east, and he placed there the man whom he had formed’ (Genesis 2: 8). … In search of the ancient homeland and tending toward it, we worship God. …Waiting for him, we prostrate ourselves toward the east. It is an unwritten tradition, deriving from the Apostles.’

This rich and fascinating interpretation also explains the reason for which the celebrant who presides in the liturgical celebration prays facing the east, just as the people who participate. It is not a question, as is often claimed, of presiding the celebration with the back turned to the people, but rather of guiding the people in pilgrimage toward the Kingdom, invoked in prayer until the return of the Lord.

Such practice, threatened in numerous Eastern Catholic Churches by a new and recent Latin influence, is thus of profound value and should be safeguarded as truly coherent with the Eastern liturgical spirituality.”

41. L’Istruzione per l’applicazione delle prescrizioni liturgiche del codice dei canoni delle chiese orientali menziona l’importanza di pregare verso l’Est nel num. 107: Sin da tempi antichissimi era in uso nella preghiera delle Chiese orientali prostrarsi fino a terra, rivolgendosi verso oriente; gli stessi edifici sacri venivano costruiti in modo che l’altare fosse rivolto ad oriente. San Giovanni Damasceno spiega il significato di questa tradizione:
«Non è per semplicismo e per caso che preghiamo rivolti verso le regioni d’oriente (…). Poiché Dio è luce (1Gv 1,5) intelligibile e nella Scrittura il Cristo è chiamato Sole di giustizia (Mal 3,20) e Oriente (Zac 3,8 secondo la LXX), per rendergli culto è necessario dedicargli l’oriente. Dice la Scrittura: “Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato” (Gen 2,8). (…) Alla ricerca della patria antica e ad essa tendendo, rendiamo il culto a Dio. Anche la tenda di Mosè aveva il telo e il propiziatorio rivolti ad oriente. E la tribù di Giuda, in quanto era la più insigne, si accampò dalla parte rivolta ad oriente (cfr Num 2,3). Nel tempio di Salomone la porta del Signore era rivolta ad oriente (cfr Ez 44,1). Infine, il Signore messo in croce guardava verso occidente, e così noi ci prostriamo rivolgendoci in direzione di lui. Al momento di ascendere in cielo era innalzato verso oriente e così i discepoli lo adorarono, e così verrà, nel modo in cui essi lo hanno visto ascendere in cielo (cfr At 1,11), come lo stesso Signore disse: “Come la folgore viene da oriente e brilla fino ad occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo” (Mt 24,27). Attendendo lui, ci prostriamo verso oriente. Si tratta di una tradizione non scritta, derivante dagli Apostoli»
Questa ricca e affascinante interpretazione spiega anche la ragione per la quale chi presiede la celebrazione liturgica prega rivolto verso oriente, proprio come il popolo che vi partecipa. Non si tratta in questo caso, come spesso viene ripetuto, di presiedere la celebrazione volgendo le spalle al popolo, ma di guidare il popolo nel pellegrinaggio verso il Regno, invocato nella preghiera sino al ritorno del Signore.
Tale prassi, minacciata in non poche Chiese orientali cattoliche per un nuovo, recente influsso latino, ha dunque un valore profondo e va salvaguardata come fortemente coerente con la spiritualità liturgica orientale.
(Traduzione italiana e sottolineature di Cantuale Antonianum)
Complete letter in English here.

La tentazione del protagonismo

Intervento del card. A. Malcolm Ranjith:

Il problema è che noi Vescovi e sacerdoti, in quanto esseri umani, siamo tentati dal protagonismo:  metterci al centro ci dà soddisfazione – ciò che chiamo ‘coccolare l’ego’. Con la Messa celebrata versus populum tale tentazione è molto più forte. Con la nostra faccia verso il popolo aumenta la tentazione di essere uno ‘showman’.

In un bell’articolo scritto da un autore tedesco si trova il seguente commento interessante in materia: “Mentre nel passato il sacerdote funzionava come l’anonimo intermediario, primo tra i fedeli, rivolto verso Dio e non il popolo, rappresentante di tutti e con loro offrendo il sacrificio … oggi lui è una persona speciale, con caratteristiche personali, il suo stile personale, la sua faccia rivolta verso il popolo. Per molti sacerdoti questo cambiamento è una tentazione che non riescono a superare … per loro, il livello del loro successo nel protagonismo diventa una misura del loro potere personale e così l’indicatore di un feeling della loro sicurezza e disinvoltura personale” (K. G. Rey, Pubertätserscheinungen in der Katholischen Kirche, – Segni della Pubertà nella Chiesa Cattolica – Kritische Texte, Benzinger, vol. 4, p. 25).

Oggi si nota sempre di più una forte mancanza di consapevolezza di ciò che accade durante la celebrazione eucaristica. Con questo tipo di protagonismo del quale Rey parla, il sacerdote diventa l’attore principale che esegue un’opera teatrale con altri attori su di un palco, e più creativo e attivo egli diventa, più  pensa di essere riuscito ad impressionare gli spettatori e così  trova una soddisfazione personale. Ma dove è Cristo in tutto questo? Lui sembra essere il grande dimenticato!

Intervento completo qui.

Appello alla formazione sui documenti autentici del Concilio

Nella mentalità comune la riforma della liturgia è fondamentalmente intesa come abbandono del latino e celebrazione «verso il popolo». In questi due elementi, certamente i più impattanti sulla massa delle comunità cristiane, si è vista l’essenza quasi della «nuova liturgia» del Vaticano II. Ora, certamente, questi due elementi sono importanti e fortemente caratterizzanti, tuttavia non al punto da escludere la prassi precedente. La non accettazione assoluta delle lingue parlate e dell’orientamento «verso il popolo» è ugualmente illegittima come l’esclusione assoluta del latino e dell’orientamento «ad Deum». È abusivo sia il non riconoscere le conquiste pastorali della riforma che portano la liturgia al popolo, sia l’assurda e indiscriminata eliminazione della lingua latina e del canto gregoriano. La Chiesa nei suoi documenti ha sempre offerto il giusto equilibrio, che purtroppo è mancato ogni volta che si è voluto imporre l’una o l’altra delle due posizioni estreme.

Coloro che attentamente e regolarmente hanno seguito con intelligenza e spirito religioso di obbedienza, senza indulgere a pregiudizi di sorta, lo sviluppo dei documenti magisteriali postconciliari, soprattutto del papa Paolo VI, hanno potuto constatare la gradualità, la prudenza e l’equilibrio dottrinale e pastorale impressi alla attuazione della riforma liturgica. Purtroppo molti, accantonato l’ascolto del Magistero del Papa, si sono acriticamente abbeverati a scuole, movimenti e comportamenti estranei al pensiero della Chiesa o comunque difformi dal modo di intendere la liturgia, proprio della Chiesa. da ciò deviazioni di ogni genere e incalcolabile perdita di tempo e di floride energie. Per questo oggi ci si trova davanti ad un nuovo, urgente appello alla formazione sui documenti autentici del Concilio e sulle edizioni tipiche dei libri liturgici riformati.

Don Enrico Finotti, La liturgia romana nella sua continuità, Sugarco Edizioni 2011