Peter Kwasniewski on LifeSiteNews website:
Yes, liturgical Latin is “strange” in the sense that it is not something everyday, familiar, easy, at our level or at our disposal; it evokes the transcendence and majesty of God, the universality of His kingdom, the age-old depths of the Faith. But over time, we identify this set-apart language as a sign of honour, we experience it as a promoter of reverence, and we find in it an invitation to prayer. When we dive into a pool, the moment we hit the water, we know — not just rationally, but viscerally — that we are in a new medium and we must swim. So too when we hear the Latin chant or recited prayers, we know we are in a new medium and we must pray.
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Sì, il latino liturgico è “strano” nel senso che non è qualcosa di quotidiano, familiare, facile, al nostro livello o a nostra disposizione; evoca la trascendenza e la maestà di Dio, l’universalità del suo regno, le secolari profondità della Fede. Ma nel tempo, identifichiamo questo linguaggio distinto come un segno di onore, lo sperimentiamo come promotore di riverenza e troviamo in esso un invito alla preghiera. Quando ci immergiamo in una piscina, nel momento in cui tocchiamo l’acqua, sappiamo – non solo razionalmente, ma visceralmente – che siamo in un nuovo ambiente e che dobbiamo nuotare. Anche quando ascoltiamo canti o recitiamo preghiere in latino, sappiamo di essere in un nuovo ambiente e dobbiamo pregare.
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