Intervento del card. A. Malcolm Ranjith:
Il problema è che noi Vescovi e sacerdoti, in quanto esseri umani, siamo tentati dal protagonismo: metterci al centro ci dà soddisfazione – ciò che chiamo ‘coccolare l’ego’. Con la Messa celebrata versus populum tale tentazione è molto più forte. Con la nostra faccia verso il popolo aumenta la tentazione di essere uno ‘showman’.
In un bell’articolo scritto da un autore tedesco si trova il seguente commento interessante in materia: “Mentre nel passato il sacerdote funzionava come l’anonimo intermediario, primo tra i fedeli, rivolto verso Dio e non il popolo, rappresentante di tutti e con loro offrendo il sacrificio … oggi lui è una persona speciale, con caratteristiche personali, il suo stile personale, la sua faccia rivolta verso il popolo. Per molti sacerdoti questo cambiamento è una tentazione che non riescono a superare … per loro, il livello del loro successo nel protagonismo diventa una misura del loro potere personale e così l’indicatore di un feeling della loro sicurezza e disinvoltura personale” (K. G. Rey, Pubertätserscheinungen in der Katholischen Kirche, – Segni della Pubertà nella Chiesa Cattolica – Kritische Texte, Benzinger, vol. 4, p. 25).
Oggi si nota sempre di più una forte mancanza di consapevolezza di ciò che accade durante la celebrazione eucaristica. Con questo tipo di protagonismo del quale Rey parla, il sacerdote diventa l’attore principale che esegue un’opera teatrale con altri attori su di un palco, e più creativo e attivo egli diventa, più pensa di essere riuscito ad impressionare gli spettatori e così trova una soddisfazione personale. Ma dove è Cristo in tutto questo? Lui sembra essere il grande dimenticato!
Intervento completo qui.